I vescovi: “No al linguaggio imbarbarito e arrogante”

Il presidente Bassetti cita anche De Gasperi e Toniolo

“Come vescovi non intendiamo stare alla finestra”. Lo ha garantito il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, che ha dedicato gran parte della sua introduzione ai lavori dell’assemblea dei vescovi italiani, in corso in Vaticano fino al 15 novembre, ai temi politici di un Paese “sospeso”, in cui “gli effetti della crisi economica si fanno sentire in maniera pesante, aumentando l’incertezza e la precarietà, l’infelicità e il rancore sociale” e dove dominano “un linguaggio imbarbarito e arrogante”, che soffia sul fuoco delle divisioni e delle paure collettive, a partire da quella dei migranti. Bassetti ha pronunciato un “no” deciso alla “caricatura” che i media hanno di recente offerto “della nostra Chiesa, quasi fossimo preoccupati essenzialmente di difendere posizioni di privilegio e tornaconto personale”. Lavoro, famiglie ferite, anziani, scuola “che non escluda i nuovi italiani” e “ripensamento” della legge di cittadinanza tra le priorità delle vere “preoccupazioni” della Chiesa italiana, che “vuole contribuire alla crescita di una società più libera, plurale e solidale, che lo stesso Stato è chiamato a promuovere e sostenere”.

Due i “principi” attorno ai quali i vescovi si riconoscono, e che fanno parte della storia del movimento cattolico: il servizio al bene comune e la laicità della politica, sull’esempio di figure come il beato Giuseppe Toniolo e Alcide De Gasperi.

"Ascolto, confronto e sguardo": queste le tre parole consegnate, sulla scorta di Papa Francesco, dal nuovo segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, che ha preso la parola subito dopo il presidente.

“Ci stringiamo solidali alle Regioni più colpite, rinnovando la nostra attenzione e la nostra disponibilità”,

ha detto il card. Bassetti riferendosi alla “fragilità idrogeologica” di cui è stato vittima in questi giorni il nostro Paese. Ma ci sono anche altre fragilità che “minacciano lo smottamento sociale”: la fragilità valoriale, la fragilità del sentimento comune e la fragilità culturale. Così, l’agenda della Chiesa è molto diversa da quella della grande politica:

“Lo respiriamo stando in mezzo alla gente e facendo nostre le sue attese. Sono le attese frustrate rispetto al lavoro, per cui molti giovani, per poter immaginare un futuro, si ritrovano costretti ad andarsene dalla nostra terra. Sono le attese delle famiglie ferite negli affetti, che soffrono nel silenzio delle solitudini urbane e nell’avvizzimento dei sentimenti. Sono le attese degli anziani, che non si sentono più utili a nessuno, privi di quella considerazione di cui avrebbero – o, meglio, avremmo tutti – tanto bisogno”. In politica, invece, “al posto della moderazione si fa strada la polarizzazione, l’idea che si è arrivati a un punto in cui tutti debbano schierarsi per l’uno o per l’altro, comunque contro qualcuno”, la denuncia: “Ne è segno un linguaggio imbarbarito e arrogante, che non tiene conto delle conseguenze che le parole possono avere”.

“Stiamo attenti a non soffiare sul fuoco delle divisioni e delle paure collettive, che trovano nel migrante il capro espiatorio e nella chiusura un’improbabile quanto ingiusta scorciatoia”, il monito: “La risposta a quanto stiamo vivendo passa dalla promozione della dignità di ogni persona, dal rispetto delle leggi esistenti, da un indispensabile recupero degli spazi della solidarietà”.

M.Michela Nicolais’

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