Ma quanti gruppi in Seminario…

Nostro curioso viaggio dentro l'edificio alla scoperta di tante realtà che lo frequentano e lo abitano durante l'anno

Il rettore don Telch: “Non è un castello, puntiamo sulla sobrietà e sulla semplicità di vita”

Basta varcare solo una volta il cancello e il portone di Corso Tre Novembre per accorgersi che il Seminario non è vuoto. Anzi. Lo storico edificio di 67 mila metri quadrati, ristrutturato qualche anno fa, è frequentato ogni giorno da centinaia di persone in un viavai incessante di docenti e aspiranti teologi, ragazzi e anziani, scout e musicisti, volontari e guide artistiche. Molto di più della semplice “casa” dei preti in formazione.

“Penso sia una ricchezza anche per i nostri seminaristi questa presenza sempre più vivace che entra dall'esterno – precisa il rettore don Tiziano Telch – lo scorso anno abbiamo avuto il piacere di ospitare una sessantina di gruppi giovanili e abbiamo messo a disposizione le nostre sale a ben 120 diverse realtà della diocesi. Molti si sentono ormai a casa in Seminario, è bene che sia così!”. Incuriosito dalla nostra curiosità, don Tiziano – rettore ormai da 3 anni e prima vicerettore – ci fa salire volentieri in ascensore per una ricognizione.

Partiamo dal quarto piano, giustamente riservato alla vita comunitaria dei seminaristi. L'ambiente può sembrare elegante, perfino sproporzionato a 14 studenti … “Lo stabile forse sembrerà un castello da fuori, ma l'importante è che chi è dentro non si senta mai un principe e impari a servire perché il prete è colui che serve – scherza don Tiziano con un'immagine efficace – come formatori vorremmo puntare a quell'umiltà e quella semplicità di vita che il vescovo Lauro indica a tutti nella sua Lettera pastorale”. Come avviene, nel concreto? “Cerchiamo, ad esempio, che tutti i lavori domestici e di pulizia vengano eseguiti da noi. Anche se c'è da imbiancare… Abbiamo la lavanderia e la stireria. Una volta in settimana i seminaristi si fanno da mangiare nel cucinino ed ora abbiamo invitato un cuoco per un breve corso di cucina. E' casa nostra, non ci sentiamo in affitto. E poi ci sono i momenti di confronto e di preghiera, anche Gesù si ritirava in disparte per poi tornare fra la folla…”.

Insiste, don Tiziano, su questo tornare fra la gente, vivere il fine settimana nelle parrocchie assegnate, partecipare alla pastorale giovanile negli ospedali, nei campeggi, nelle strade. “Non siamo in una terrazza isolata, sopra la città. Dal quarto piano dobbiamo scendere con esperienze che abitino le piazze e la nostra gente. Per cercare non un Dio disincarnato, ma un Dio presente dentro la storia e dentro le fatiche dell'uomo di oggi”.

E allora si scopre che i seminaristi hanno camminato insieme da Assisi a Loreto, hanno visitato Kossovo e Albania, quest'estate sono andati al mare a Sinigallia per incontrare quella Chiesa locale, hanno accompagnato i malati nei pellegrinaggi diocesani. Due di loro, Nicola e Giovanni, hanno avuto la possibilità d'interrompere per un anno gli studi per un'esperienza di servizio a Pavia con i tossicodipendenti accolti nella “Casa del Giovane”: “Questa condivisione con le fragilità sarà importante per crescere in umanità”.

Non sono assolutamente diversi dagli altri giovani di oggi, i seminaristi, non sono i più docili e i più bravi. “Beate le loro domande e le loro insicurezze – ribadisce don Tiziano – l'importante è che vogliano cercare Dio, cerchino la loro crescita come uomini e come cristiani, prima ancora che futuri preti”. Come dice il tema di quest'anno, “Davanti a Lui tutti i popoli” (vangelo di Matteo), la possibilità è quella di mettersi seriamente davanti a lui. Far conoscere questo seminario e questo stile, non solo una domenica all'anno, è compito anche delle comunità. Perché, come dice don Tiziano salutando i cresimandi nelle valli, “guardate che in seminario c'è posto”. Ora ci sembra ancora più chiaro, l'edificio è tutt'altro che vuoto.

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