Per una custodia responsabile

Nonostante la buona volontà e il lavoro di tanti la responsabilità per il creato fatica a diventare patrimonio delle comunità cristiane

Dopo 9 Giornate per la custodia del creato (celebrate ogni 1° settembre dal 2006) e altrettanti Messaggi dei nostri vescovi, dopo anni di lavoro del Gruppo specifico all'interno dell'Ufficio nazionale per i Problemi sociali e il lavoro – a partire dai direttori emeriti come i monss. Paolo Tarchi e Angelo Casile fino all'attuale Fabiano Longoni, e alla cui costituzione aveva dato notevole impulso il vescovo emerito di Bolzano, Karl Golser – qual è lo stato dell'arte? A che punto siamo con la sensibilizzazione delle comunità cristiane perché il tema diventi patrimonio a pieno titolo dei cristiani? Come far sì che il Vangelo diventi anche un appello alla custodia del creato?

Se n'è parlato venerdì e sabato scorsi a Torino nel corso di un incontro promosso dalla CEI (rappresentata dal vescovo di Asti, mons. Francesco Guido Ravinale) in vista del Convegno ecclesiale che si terrà a Firenze il prossimo anno: “Il futuro della nostra terra. Un'umanità nuova per una custodia responsabile”.

A riprova della straordinaria opportunità di dialogo ecumenico insita nel tema, una presenza d'eccezione come quella del teologo evangelico di Tubinga, Jurgen Moltmann che ha catalizzato l'attenzione della prima giornata con la trattazione della presenza trinitaria nella creazione e della nuova spiritualità ecologica “se i credenti vengono ritenuti solo gli ospiti di questa terra 'valle di lacrime', non si sentiranno mai responsabili dell'albergo che li ospita”.

Ma se è proprio la responsabilità il paradigma da cui partire oggi, come ha ricordato mons. Longoni (da spondeo, ricambiare una promessa), anche la filosofia contemporanea deve dichiarare tutta la propria inadeguatezza. Parola di Elena Pulcini, docente filosofia sociale a Firenze, secondo la quale su questi temi, dopo figure di spicco del '900 quali Hans Jonas e Hannah Arendt oggi è caduto il silenzio o, peggio, mettiamo in atto tutti i nostri meccanismi di difesa per evitare di coinvolgere le coscienze.

E non è da meno la teologia, se è vero, come spiegavano gli addetti ai lavori ricerche alla mano, che né tra i manuali, né tra i piani di studio dei corsi accademici se ne parla più di tanto.

Appassionato l'intervento del delegato diocesano trentino, don Rodolfo Pizzolli, che ha ricordato il ruolo secolare delle Pievi o delle Regole per educare all'uso comune delle risorse come quello delle famiglie quando il consumismo era sconosciuto. Ma anche in questa sede non è mancato il riferimento alla vicenda di Daniza “conclusa nel peggiore dei modi” a detta di Simone Morandini del Gruppo Custodia del Creato e docente di matematica al liceo Foscarini di Venezia.

Come dire, è proprio sul versante della comunicazione (anche dei media cattolici) e dell'educazione che il lavoro da fare è ancora lungo. Un campo da arare sul quale i laici sono protagonisti.

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