“Quei piccoli gesti di unità”

Il dialogo nel mondo in tempi difficili: parla il trentino don Bettega, scelto dal Papa per il Pontificio Consiglio per l'unità

La nomina da parte del Papa gli è arrivata come pochi giorni fa come “un'assoluta sorpresa”. Don Cristiano Bettega, il teologo trentino che dal settembre scorso dirige l'Ufficio CEI per l'ecumenismo e il dialogo religioso, è ora consultore dell'organismo mondiale del settore, il Pontificio Consiglio per l'Unità dei cristiani.

Come ha accolto la nomina, don Cristiano? e come la spiega?

Me lo sono chiesto anch'io, visto che si tratta di una consulta internazionale, in cui però non sono rappresentate tutte le conferenze episcopali nazionali. Credo che la scelta vada interpretata come un segno di apprezzamento e incoraggiamento, non certo alla mia persona ma alla Conferenza Episcopale Italiana in questo suo momento di passaggio. In questi mesi ho parlato più volte con il vescovo Brian Farrel, segretario del Pontificio Consiglio, che conosce il lavoro della CEI e segue la preparazione del convegno internazionale promosso in novembre sui rapporti con l'ebraismo.

Dopo aver “monitorato” le diocesi italiane, quale urgenza avverte nel cammino ecumenico e interreligioso ?

L'urgenza di smuovere ancora le acque. Infatti, gli anni dopo il Vaticano II hanno rotto il ghiaccio e creato un clima nuovo fra le confessioni cristiane, ma che ora si è forse raffreddato, consolidato. Si avverte quindi il desiderio di gesti più concreti e coraggiosi che accompagnino il lavoro di scambio reciproco fra le Chiese. Papa Francesco, anche con la sua visita a Caserta, sta offrendo uno stile che rimette quest'impegno davanti alla consapevolezza dei cristiani comuni. Penso a quando ha comunicato che alla preghiera con Mahmoud Abbas e Shimon Peres avrebbe partecipato anche il Patriarca di Costantinopoli, dicendo “mio fratello Bartolomeo”; in una parola ha riassunto uno stile di relazione.

Difronte ai drammi di questi giorni, citati con sofferenza dal Papa all’Angelus, la forza della preghiera appare debole contro la vendetta e i ricatti, gli odii inveterati.

E' vero, può sembrare così. Ma nonostante tutto, noi cristiani sappiamo di poterci rifare all'immagine del Vangelo di domenica scorsa, a quel granello di senape che è il più piccolo di tutti i semi ma riesce alla lunga a produrre un grande albero. Sono proprio i gesti piccoli accanto a tanti altri – penso ai leader religiosi che pregano insieme, ma anche un gruppo di giovani o di famiglie di diverse chiese – a produrre qualcosa, a ottenere alla lunga un cambiamento, un miglioramento. Dobbiamo crederci, tener sveglia la possibilità concreta di far camminare il dialogo.

L'altro consultore scelto insieme a lei è Enzo Bianchi, il priore che per il suo lavoro nella comunità di Bose viene criticato da alcune frange cattoliche. Cosa c'è dietro queste resistenze verso i pionieri dell’ecumenismo?

Non lo so. Forse c'è dietro la paura del nuovo. Ovvero, prendere atto che in certe realtà i cattolici sanno convivere con ortodossi e riformati può creare qualche sospetto in qualcuno. Perchè mina la convinzione di chi crede che tutto sia già consolidato, intoccabile. Bose, Taizè e altre esperienze dimostrano invece che si può stare insieme rispettando le diversità degli altri, riconoscendovi qualcosa di complementare. Non si tratta di buttare all'aria ne il Vangelo né la tradizione, ma di rileggerli in modo nuovo.

Lei come spiegherebbe ad un suo parrocchiano della Madonna della Pace qual è l'obiettivo finale del cammino per l’unità dei cristiani?

Lo vedremo solo nel Regno dei cieli. Ma nell' aldiqua invece dobbiamo cercare di far capire a tutti che possiamo andare d'accordo anche fra confessioni diverse perché pur nella differenza siano fondamentalmente cristiani: guardiamo meno a cosa ci distingue nella tradizione e più a cosa ci unisce, ovvero quello stesso Gesù Cristo a cui tutti crediamo pur con sfumature diverse. In Lui, siamo giù uniti, siamo già una cosa sola.

Il 6 agosto è la Festa della Trasfigurazione, molto sentita nelle chiese ortodosse…

Ecco un buon esempio! Rendersi conto che una festa è più sottolineata da una tradizione religiosa rispetto alle altre ci aiuta a scoprire qualcosa di nuovo che va ad arricchire le nostre consuetudini.

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