Stufe di famiglia

La tradizione artigianale ottocentesca rilanciata ora da due giovani artigiani

C’era una volta, nei primi anni Ottanta, la curiosità di un imprenditore-artigiano con l’occhio… clinico che rientrando a Lavis intravede in una discarica vicina al greto dell’Avisio alcune mattonelle di ceramica finemente lavorate. Papà Roberto Tapparelli raccoglie quei frammenti, tessere disperse di un prezioso mosaico, e prova lentamente a ricostruire una stufa a olle della storica fabbrica Bormiolli di Trento, ormai estinta. Accende così l’interesse dei figli Patrizio e Donatello, allora ragazzi, che oggi sono diventati gli indiscussi restauratori, interpreti ed eredi della tradizione Bormiolli.

Con la consulenza dello storico dell’arte Pietro Marsilli, di origine faentina, terra di ceramiche, hanno avviato un laboratorio di restauro che ha sottratto alla polvere e all’incuria numerosi pezzi ora esposti nella suggestiva sede-museo di via Bolzano, 200. Con la collaborazione del ceramista Giuseppe Marcadent hanno dato vita a Bormiolli 2.0, una produzione doc di stufe a olle che, pur con tecniche di cottura diverse, ridà futuro alla perizia e all’inventiva della scomparsa tradizione Bormiolli. Dal 1763 al 1889 la dinastia artigianale del patriarca Carlo Giuseppe realizzò nella fabbrica del borgo di San Martino (con mulino in zona Portela) un’azienda di quattro generazioni che Demetrio Bormiolli fece poi diventare leader con premio nel 1857 ad un’esposizione del Tirolo italiano: una stufa a olle, realizzata secondo un sistema all’avanguardia nel risparmio di legna e nella cura estetica con un riconoscibile decoro originale, che divenne poi uno status symbol anche per le famiglie nobili nei castelli o nelle ville.

“Le Bormiolli si riconoscono per qualità e caratteristiche peculiari e si differenziano dalle Cavosi di Sfruz o dalle Tomazzolli di Cles”, spiega lo storico dell’arte Pietro Marsilli, che ha scandagliato documenti d’archivio e antiche dimore componendo un catalogo di un centinaio di stufe rigorosamente Bormiolli. Per ognuna, sempre diversa dall’altra, una foto e una scheda, pubblicate nell’elegante volume di prossima presentazione, con il contributo tecnico e appassionato di Patrizio Tapparelli: “Vediamo in ogni stufa d’epoca un capolavoro di tecnica e d’inventiva – spiega l’artigiano, pure specializzatosi per il primo diploma di maestro fumista -, ma anche un oggetto d’interesse artistico, un arredo pregiato, curato nei particolari”. Basta esaminare gli stampini con soggetti mitologici predisposti dai Bormiolli per creare le mattonelle oppure la cura dei vasi apicali a punta, o dei piedini. È come se, quasi cent’anni dopo, i fratelli Tapparelli con papà Roberto avessero voluto far tornare a fumare le stufe Bormiolli, espandendo lontano quelle volute di fumo e suscitando nuovo interesse fra antiquari, arredatori e tanti estimatori dei manufatti di qualità. Lo alimenterà anche l’elegante volume nel quale le colorate cilindriche a olle sembrano uscire finalmente alla ribalta, come fossero stufe di aspettare…

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