Viticoltura nelle Giudicarie

Il distretto comprende zone adatte ad un ritorno della vitivinicoltura sociale e privata, puntando su vitigni pregiati. Le norme comunitarie e provinciali aiutano

“Viticoltura e ambiente trentino, primi riscontri di un progetto sperimentale-dimostrativo in aree marginali” è il titolo di una pubblicazione datata maggio 1995, edita a cura dell’Assessorato provinciale all’agricoltura di Trento. Autori: Massimo Bertamini, ricercatore presso il Dipartimento di produzione agricola dell’Istituto agrario di S. Michele all’Adige; Giulio Bazzanella, funzionario dell’Assessorato provinciale all’agricoltura di Trento; Enzo Mescalchin, responsabile del Servizio di assistenza tecnica nel settore viticolo presso l’Ente di sviluppo dell’agricoltura trentina (Esat).

Nel volume sono riportati finalità, contenuti e risultati di un progetto che aveva lo scopo di sperimentare il comportamento e l’adattamento di tre vitigni (Sauvignon bianco, Chardonnay e Pinot nero) in zone di antica tradizione viticola divenute marginali a seguito di abbandono della coltivazione della vite dovuto a cause tecniche, ma soprattutto sociali ed economiche.

L’iniziativa coinvolse 34 aziende per una superficie complessiva di circa 10 ettari dislocati in 5 comprensori. Le barbatelle messe a dimora furono 45.860 suddivise tra Sauvignon bianco (28.450 con 6 cloni su 3 portainnesti); Chardonnay (11.680 con 6 cloni su 1 portainnesto) e Pinot nero (5.730 con 4 cloni su 1 portainnesto). Il progetto fu finanziato dalla Provincia di Trento che fornì gratuitamente, oltre alle barbatelle, anche i pali intermedi e di testata per la formazione degli impianti a pergola semplice. Questi i Comuni interessati: Giovo, Cembra, Vezzano, Cavedine, Lasino, Trento per il C5; Bleggio inferiore, Stenico e Storo per il C8; Telve per il C3; Drena e Tenno per il C9; Mori e Villa Lagarina per il C10.

Nell’articolo ci occupiamo specificatamente del comprensorio delle Giudicarie. Questo il prospetto delle aziende interessate da quel progetto. Bleggio inferiore: 1 azienda di Lino Francescotti, 1200 metri quadrati di Chardonnay. Storo: 5 aziende di Romano Beltrami, Luigi Beltrami, Paolino Marini, Valentino Marini, Aldo Zanetti, 5.900 mq. (2.500 mq. di Sauvignon bianco, 3.400 mq. di Chardonnay).

Non potendo riferire la mole di dati rilevati in ciascun comprensorio per quanto riguarda clima e terreni in fase preparatoria e i parametri relativi ai diversi momenti del ciclo vegetativo più quelli relativi alle caratteristiche dell’uva e del vino, riportiamo solo le considerazioni finali che equivalgono ad un giudizio tecnico di prospettiva.

Giudicarie Esteriori. zona compresa fra Villa Banale e Stenico: la zona, situata a quote medio alte (600-700 metri), presenta un elevato numero di siti particolarmente ben esposti, dotati di elevata insolazione e climaticamente adatti alla vite. Ove si intervenga con le opportune pratiche colturali, è possibile ottenere prodotti di buona qualità, soprattutto utilizzando il vitigno Chardonnay. Valle del Chiese: la combinazione di quota non elevata (450-500 metri nella zona di Darzo), ma anche di ridotta disponibilità di ore di sole (tramonto anticipato) permette di ottenere degli Chardonnay di particolare finezza che mantengono una buona acidità associata a ottimali gradazioni zuccherine.

Su Terra Trentina numero 11/dicembre1987, quindi in contemporanea con l’avvio del progetto, fu pubblicato un editoriale di Luca Carli, all’epoca assessore provinciale all’agricoltura, intitolato “Allevatore-cantiniere non è la torre di Babele”. Riferendosi in particolare alle Giudicarie, Carli sosteneva la possibile convivenza fra viticoltura e attività di stalla. “Ho fiducia nella viticoltura di qualità. Essa può essere fonte integrativa di reddito. Purché sorretta da adeguato servizio di assistenza tecnica e da buona preparazione agronomica, non disgiunta da curiosità e passione da parte di chi si avvarrà delle indicazioni emerse dal progetto che è stato una prova e non una forzatura promozionale”.

A distanza di trent’anni, possiamo costatare che, almeno nel Banale e nella Valle del Chiese, sono stati realizzati vigneti impostati e gestiti secondo le indicazioni emerse dal progetto iniziale.

Allo Chardonnay da vino tranquillo si è aggiunto quello da spumante classico. Ma hanno successo anche i vitigni Sauvignon bianco, Kerner e Muller Thurgau. Le maggiori prospettive di espansione sono legate alla zona del Banale, dove operano viticoltori associati alla cantina Toblino di Sarche (8 ettari), ma anche imprenditori privati locali e/ o provenienti da fuori. Compresa la più importante cantina trentina produttrice di spumante classico Trentodoc.

Le norme comunitarie e provinciali sono favorevoli alla viticoltura sociale e privata in zone marginali.

I cambiamenti climatici la spingono sempre più in alto.

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