Brasile, un popolo disorientato

L’assassinio di Marielle Franco, la donna attivista per i diritti umani, uccisa a Rio il 14 marzo scorso è la classica goccia che fa traboccare il vaso in Brasile. Il Brasile è uno stato strabocchevole, è un territorio vastissimo, indescrivibile, amplissimo, più di un continente. E’ attraversato da mille e una contraddizioni. Occorre accontentarsi di piccole visioni parziali, positive certamente molte, ma che rischiano di essere spazzate via da una valanga di negatività. Basti pensare all’opera dei missionari di origine trentine, ad esempio – penso al lavoro meticoloso e paziente di suor Miriam Zendron tra i campesinos

Col tramonto dei governi popolari di Lula e dell’altra sua sodale Dilma Rousseff sembra di assistere ad un arretramento generale e complessivo della variegatissima società brasiliana nel suo insieme, dal fronte dei diritti sociali a quello dei diritti politici e civili. Non solo sul discrimine dei diritti negati e delle libertà coartate alle genti indigene dell’Amazzonia, a serissimo rischio di estinzione, ma pure nell’agorà dei lavoratori di fabbrica e del campo; le rivendicazioni dei contadini senza terra, i sem terra, con un latifondo agro-industriale che va consolidando sempre più la sua forza espansiva e il suo potere di ricatto. Sembrano ormai lontani gli anni ruggenti (anni ’70 e ’80 del secolo scorso) quando l’asse del potere contrattuale fra salariati e padronato si era spostato significativamente dalla parte dei lavoratori, con migliorie remunerative, migliori condizioni di lavoro e maggiori tutele in genere. Per dire che i diritti non sono mai acquisiti definitivamente, ma vanno consolidati, corroborati, rinforzati, altrimenti una forza d’inerzia li ricaccia al punto da cui si erano spostati.

E’ un arretramento generale delle condizioni di vita delle classi subalterne, ratificato – e non a caso – dalla netta sconfitta del Pt, il partito dei lavoratori che per qualche decennio aveva assicurato una transizione morbida a maggiori diritti e più ampie tutele.

E che dire della situazione della sicurezza se in metropoli come Rio o San Paolo (o Fortaleza, Recife eccetera…) dopo il tramonto è proibitivo uscire di casa e muoversi per l’imperversare di gang criminali? E del moltiplicarsi degli squadroni paramilitari che si fanno giustizia da sé non solo colpendo nel mucchio, ma scegliendo vittime ben selezionate specie nel mondo delle minoranze sessuali, gay e lesbiche, come, appunto era, un’attivista tra le più intraprendenti, Marielle Franco?

E’ una sorta di pulizia etnica, il miraggio di una fantomatica purezza dei costumi, contro ogni “devianza” in nome di ideologie conservatrici e retrograde che non a caso trovano terreno di coltura in frange religiose pentecostali ultra-integraliste che hanno fatto facili proseliti in Brasile negli ultimi decenni, guarda caso proprio in concomitanza con una Chiesa cattolica molto “incarnata”, aderente alle istanze di liberazione della propria ecclesìa e del popolo tutto.

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