In morte di Luciana Alpi, mamma di Ilaria

Era il giugno del 1994. Tre mesi prima, il 20 marzo, era stata assassinata a Mogadiscio la giovane reporter del Tg3 Ilaria Alpi. Decidemmo di dedicare a lei il Premio Satyagraha, una coraggiosa e sfacciata iniziativa che parlava di pace e di impegno in pieno agosto a una Riccione immersa nel solleone, volutamente dimentica di tutti i problemi del mondo. Invitammo Maurizio Torrealta a raccontare il coraggio di quella ragazza, prima che le cronache quotidiane ne nascondessero la memoria. Da quell’incontro nacque l’idea del premio Ilaria Alpi e l’amicizia con Giorgio e Luciana, i genitori di Ilaria. Il primo approccio fu di studio reciproco. Molti in quei mesi si erano avvicinati a loro e non erano propensi ad essere strumentalizzati per nessun motivo. Del resto chi eravamo noi, un gruppo di giovani riccionesi, Comunità aperta, una piccola associazione culturale, il Ponte, un settimanale cattolico, ed una radio, Icaro, ancora minuscola. Ma poi è stato amore. Era come se loro avessero moltiplicato i figli e Riccione divenne la loro seconda casa, fino a diventarne cittadini onorari.

Per oltre vent’anni li abbiamo avuti accanto, ci siamo nutriti del loro coraggio, abbiamo sostenuto la loro lotta per la verità, abbiamo sperato e disperato di conoscerla.

Dolci, ma determinati e tenaci, sempre insieme, finché Giorgio è stato con noi. Ma la sua morte però non aveva tolto a Luciana la voglia di lottare. Anzi è stato come se le sue forze si fossero moltiplicate. Ma poi sono passati gli anni, in un alternarsi di indagini e vicende, verità che sembravano vicine e poi si allontanavano. A volte era com’essere coscienti di vivere un’enorme presa in giro, con l’infinità di depistaggi che le inchieste giornalistiche, molto prima di quelle giudiziarie, denunciavano.

Cresceva in lei la sofferenza e ad un certo punto anche la fatica di non sapere bene più di chi fidarsi, chi cercava davvero la verità su Ilaria e chi invece aveva altri interessi.

Gli incontri di Riccione per tanti anni sono stati l’occasione per fare il punto sulle indagini, rilanciarle quando sonnecchiavano, tenere vigile sul problema un’opinione pubblica che, con il passare del tempo, aveva ormai adottato Giorgio e Luciana e la loro giusta lotta per sapere la verità sull’assassinio della figlia e del suo cameraman.

Condividendo fino in fondo, negli anni, questi sentimenti, Luciana, come del resto Giorgio e Ilaria ci hanno insegnato, con determinazione, che la lotta per la verità e la giustizia viene prima di ogni cosa. Luciana arrivò al punto di battersi con forza in un’ulteriore “lotta” per portare fuori dal carcere Hashi Omar Hassan, accusato di aver sparato a Ilaria ma, evidentemente, capro espiatorio di questa vicenda, ulteriore depistaggio di una vicenda senza fine.

Pochi giorni fa aveva detto: “Sono stanca di illudermi. Ma farò di tutto perché l’inchiesta non finisca in archivio”. E in archivio invece vorrebbe mandarla il pm di Roma Elisabetta Ceniccola che pochi giorni fa aveva ribadito la richiesta di archiviazione al gip per l’indagine sull’omicidio di Ilaria e Miran, sostenendo che le nuove intercettazioni giunte dai pm di Firenze erano sostanzialmente irrilevanti. Il giudice Andrea Fanelli si è riservato di decidere. E in questo momento “archiviare”, agli occhi dell’opinione pubblica, sarebbe un insulto alla memoria di Giorgio e Luciana.

In tanta mestizia ci rallegra, nella fede, che oggi Giorgio, Luciana e Ilaria sono di nuovo insieme. E certamente dal cielo ci daranno una mano nella ricerca della verità. Glielo dobbiamo.

Giovanni Tonelli

direttore del settimanale “Il Ponte” (Rimini)

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