La Costituzione, il nostro faro

Nell’ambito della Settimana dell’accoglienza, le puntuali osservazioni del prof. Valerio Onida. “Le decisioni dei governanti non devono mai essere assunte per fomentare discriminazioni”

Coltivare i doveri, promuovere i diritti. Mai disgiunti, vanno assolti, diritti e doveri, di pari passo avendo come faro la Costituzione. “La più bella del mondo”. Una delle più “avanzate” dal punto di vista del riconoscimento dei diritti fondamentali, civili, politici e sociali. Molto opportuno quindi, a corollario della Settimana dell’Accoglienza, l’invito rivolto al professor Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, a riflettere sull’attualità della nostra Carta fondamentale.

Perché, se è vero che cambiano i tempi –e questa sembra essere una stagione del tutto inedita, aperta a molte incognite, della nostra Repubblica- le idee di fondo che sono l’humus della nostra Costituzione non sono mutate. Valerio Onida è felice di parlare dell’attualità della Carta davanti a persone che compongono le Comunità di accoglienza, “donne e uomini che non si limitano a denunciare certe storture, ma sanno trovare anche delle soluzioni”. Specialmente verso i più deboli –le fasce sociali svantaggiate-, nei confronti dei quali la comunità nazionale ha doveri più forti, più esigenti. La nostra Costituzione è costata sangue – è nata dalla Resistenza- ed è frutto di un venirsi incontro di forze politiche che si riconoscevano diverse, ma che di fronte al bene comune sentivano l’esigenza di fare le cose insieme per il bene, appunto, della comunità nazionale ampia e variegata. Frontiere di umanità –è stato detto- che devono accomunare tutti.

Interessante tutto ciò nei giorni in cui anche la Corte Costituzionale –organo garante della “lealtà” costituzionale- si è messa “in cammino” visitando le carceri italiane a cominciare da Rebibbia in dialogo con oltre 200 detenuti e in diretta streaming con 150 istituti penitenziali in tutta Italia (una platea di oltre undicimila persone). Le Costituzioni –ha ribadito Onida- nascono per controllare il potere. Una volta il potere del sovrano, del despota, per limitarne il lasso di arbitrio. Oggi addirittura il potere della maggioranza, la quale non può arrogarsi il diritto di decidere su tutto come se avesse un investimento di decisione plebiscitario (anche nell’Argentina di Juan Domingo Peron il “potere” riscuoteva amplissimo consenso, ciò non ha impedito un declino socio-politico ed economico della “Svizzera” latinoamericana). La maggioranza non ha sempre ragione solo per il fatto di essere maggioritaria. “E’ criterio pratico, quello di maggioranza, non etico”. Di qui nasce l’obbligo di confrontarsi, porsi sul piano delle idee che si mettono di fronte ad altre idee per una sintesi più proficua e costruttiva sempre per il bene della comunità. Ciò che è da preservare è il destino nazionale a partire dal principio fondamentale di eguaglianza per cui le decisioni dei governanti non devono mai essere assunte per fomentare discriminazioni. Esistono certamente differenze, non siamo tutti uguali, ma le differenze non devono essere fonte per discriminare. E’ questa –per il professor Onida- “la sfida grande della diversità”. Tenendo presente che tutte le persone che compongono la società non sono individui-atomi, ma persone bisognose di vivere insieme, “animali sociali”.

Come si può vivere altrimenti senza relazioni se non alimentando nevrosi e patologie oggi purtroppo assai diffuse? Quindi non prevaricazione e dominio, ma possibilità di sviluppo per tutti, garantire pari opportunità. In tal senso la comunità va costruita giorno per giorno, attraverso il corretto agire dei componenti di ciascuno e le decisioni sensate di chi ha in mano il “potere”. L’equilibrio tra diritti e doveri… La Costituzione garantisce certo i diritti, li riconosce, ma richiede pure l’adempimento dei doveri verso la comunità. Doveri cui non si può fare eccezione, sono inderogabili. Questo significa il termine solidarietà: essere insieme e “tenersi” insieme. Essere solidi, contro le tentazioni alla società liquida, evanescente, fatua, che si sgonfia come un pallone bucato. Il vivere insieme –osserva Onida- comporta relazioni e relazioni corrette e, appunto, “solidali”. Il pagamento delle imposte ne è un esempio dei più disattesi e i condoni non sono certamente educativi… Il significato vero di uguaglianza riguarda poi tutti gli esseri umani –di ogni provenienza ed estrazione sociale- non solo i cittadini. In tal senso, per Onida, l’accoglienza di mondi diversi è un’occasione per cambiare certi stili di vita, per confrontarsi, non certamente per arroccarsi in difesa di principi e interessi che si rivelano solo anacronistici.

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