Parole nuove sulla morte

Sul tema del morire una proposta di approfondimento del decanato di Trento: “Serve un vocabolario nuovo”, spiega don Piero Rattin

Nel pomeriggio del prossimo 15 novembre, con una partecipata “carriolata”, si festeggerà a Madonna Bianca la posa della prima pietra dell'atteso hospice per malati terminali. E' la prima struttura di questo tipo in città, realizzata con il privato sociale, grazie alla determinazione della Fondazione Hospice Trentino Onlus, che riunisce varie realtà impegnate a far crescere una cultura di umanizzazione della malattia e della fase terminale della vita. Grazie al lavoro dei pionieri delle cure palliative (vogliamo ricordare il compianto dott. Alessandro Fedrizzi), si sta cercando di dare qualche risposta sul piano sanitario e assistenziale, ma altrettanto importante è il cammino culturale, in cui le comunità cristiane possono direttamente coinvolgersi.

Su iniziativa di realtà di volontariato (come l'Avulss) o dei servizi sanitari da qualche anno si registrano i primi incontri dedicati espressamente al tema del “morire”: il più riuscito, con la folla a gremire la sala, è stato due anni fa il ciclo d'incontri promosso dal decanato a Tione con la presenza del filosofo Silvano Zucal, di don Paul Renner e di don Olivo Rocchetti. Una partecipazione incoraggiante, se è vero che la morte è ancora l'ultimo tabù sociale, duro a…morire.

“La tendenza è quella di considerare gli eventi luttuosi come accidentali, provenienti dall'esterno, senza riconoscerli quindi come facenti parte della nostra condizione umana”, osserva Carlo Tenni, presidente della Consulta diocesana della salute e pioniere della Fondazione Hospice Trentino, che coglie peraltro interesse per le occasioni che “aiutino a trovare un senso, per gestire quel momento di impotenza che la morte porta con sè”.

Anche da questa considerazione nasce l'idea di replicare a Trento quanto fatto a Tione offrendo nel mese di novembre quattro serate (si veda il programma a lato), dedicate appunto alla morte e al morire. Le ha promossi assieme alla Pastorale della Salute il decanato di Trento e il parroco don Piero Rattin, delegato vescovile per la pastorale dei malati, confida in un'ampia partecipazione: “Abbiamo tutti la sensazione anche a livello ecclesiale – spiega – che ci sia un atteggiamento nuovo rispetto al passato rispetto all'esperienza del morire, ma che questo sia un atteggiamento ancora controverso. Abbiamo bisogno tutti di capire quali sono le reazioni nella sensibilità culturale di fronte alla morte oggi e anche nell'atteggiamento cristiano”. Un problema di linguaggio? “Certo, c'è bisogno quasi di un vocabolario per saper comprendere e dare un senso nuovo alle parole dell'aldilà – penso ai riferimenti a paradiso, purgatorio e inferno – ma anche alle modalità celebrative”. Soprattutto dopo il ricorso sempre più diffuso alle cremazione… “E' uno di questi aspetti controversi, perché se è vero che questa pratica da qualche decennio è accettata con serenità dalla Chiesa, si pongono vari problemi celebrativi, come ad esempio quello della dispersione delle ceneri che entra in conflitto con una visuale cristiana…dobbiamo parlarne”.

Insomma, è bene che la morte (quella degli altri, ma anche la nostra) non rimanga tabù anche nella realtà ecclesiale: “Questo ciclo d'incontri vorrebbe aiutare le comunità cristiane a interrogarsi e a chiarirsi le idee, senza lasciare questo tema nel cassetto e senza delegare l'accompagnamento dei morenti a poche persone”, osserva Carlo Tenni. Tanto più che – anche dal punto di vista pastorale – la celebrazione della morte diventa occasione “unica” e preziosa” per l'annuncio della speranza cristiana. Quando si dice, un “bel funerale” dal punto di vista pastorale… “Quando non si è ripetitivi, come si dovesse far suonare un disco sempre uguale – spiega don Piero – ma quando si riesce a far sentire la risonanza che la Parola di Dio ha nell'esperienza delle persone che partecipano numerose al funerale; è significativo che spesso anche i non praticanti chiedano al sacerdote di poter avere il testo delle parole pronunciate”.

Mentre la vicina diocesi di Bolzano promuove per il 31 ottobre la “notte del cordoglio”, una veglia dalle 19 alle 23 con familiari colpiti da lutti recenti, don Rattin spende una parola per sottolineare l'attualità (anche per i piccoli) della visita al cimitero: “Ci può aiutare tutti ad avere una visuale equilibrata del nostro vivere. A proposito, tener lontano i bambini dalle tombe è illuderli, evitare loro un'esperienza reale della vita. Invece, camminare fra le tombe a pregare o anche solo a meditare – mi colpisce in questi giorni che nei cimiteri non si sente il vociare tipico da mercato, ma il rispettoso silenzio delle folle in un atteggiamento rispettoso che caratterizza di credenti e non credenti – ci aiuta a prendere consapevolezza della nostra creaturalità, che è un bene immenso, ma non illimitato, che va gestito”.

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