OdG del Cda della SCARL

Ormai le sigle, le parole contratte, le nuove grafie sono la modalità contemporanea del parlare, dello scrivere e soprattutto del “messaggiare”, del “twittare” tipico e proprio delle nuove generazioni e dello stile veloce giornalistico. Per non parlare dei termini in lingua inglese, ormai abusati e spesso per molti ancora incomprensibili, come il “Welfare”. Questa modalità avviene in tutti gli ambiti: nel politichese, nell’ecclesialese, negli articoli di giornale, ecc. Volendo una comunicazione veloce e senza fronzoli ci stiamo però, purtroppo, avviando a una nuova Babele di incomunicabilità. Mi domando spesso: e il turista, lo straniero, il povero immigrato che ne capisce?

Anche nei nostri ambiti, nelle parrocchie non possiamo pretendere che la gente capisca immediatamente dai nostri avvisi domenicali cosa è il CPP (Consiglio Pastorale Parrocchiale) o il CPAE (Consiglio per gli Affari Economici); oppure distinguere tra un PAP (Punto di Ascolto Parrocchiale) e il CEDAS (Centro di Ascolto); o peggio ancora come è risuonato nell’assemblea sinodale sapere cosa sono l’USMI (Unione Superiore Maggiori Italiane) e la CISM (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) degli istituti religiosi. Forse le nuove generazioni crescono in questa capacità di capire, ma io stesso a volte ho fatto fatica a capire leggendo i giornali cosa è qui da noi il SANBAPOLIS (povero San Bartolomeo!) o l’FBK o il Pensplan, e si potrebbe continuare in questa litania infinita e a volte incomprensibile con la quale abbiamo a che fare ogni giorno. Qualche volta forse, almeno tra parentesi, potremo scrivere cosa vuol dire. Grazie!

dongi

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