Una bestemmia tirata dietro

Capita spesso anche oggi, anche sulle strade della nostra città di Trento che qualche ragazzotto, incontrando sacerdoti o suore (vero, suor Chiara!), riconoscibili dal loro abito, non trovi di meglio che tirargli dietro, quando è passato, una litania di bestemmie. È chiaramente una provocazione e un dimostrare ai propri compagni che si è grandi ed emancipati. A volte mi giro e guardandoli fisso provoco in loro l’interrogativo: Che stai facendo? Ce l’hai con me o con il Padre eterno?

Scriveva tanti anni fa il Patriarca Albino Luciani (poi Giovanni Paolo I) nella sua lettera all’Orso di San Romedio: “Ritornando dal santuario, lo credi?, la mia preghiera è stata: O Signore, addomestica me pure, rendimi più servizievole e meno orso! …Eppure? Eppure ieri sono stato tentato di capovolgere la preghiera di un mese fa in quest’altra: Signore, facci diventare tutti orsi! M’è capitato, infatti, di udire delle brutte bestemmie. E allora, mi sono detto, cosa conta vestire tanto eleganti, calzare scarpette finissime, portare cravatte all’ultima moda, pettinarsi con tanta raffinatezza, se dalla nostra bocca escono poi parole così volgari? Meglio essere goffi come orsi, ma non avere la bocca così sporca. È una fortuna che, a volte, il cuore di chi pronuncia non sia d’accordo con la bocca e che circostanze varie escludano una vera profonda intenzione di offendere Dio. A volte la gravità dell’espressione è attenuata dalla sconsideratezza, dalla preoccupazione, dall’ignoranza.

Caro Orso! Tu non lo sai, ma su bestemmia e turpiloquio c’è ormai un vocabolario concordato e accettato, realistico e icastico, anche se non sempre indovinato. Ad esempio, chiamano moccoli le bestemmie. Ma i moccoli fanno un po’ di luce; la bestemmia è parola nera, acqua stagnante, gas asfissiante. Si dice anche: Bestemmia come un turco, ma è una calunnia: i turchi, non bestemmiano. In Francia, in Svizzera, in Germania, invece, si usa dire, purtroppo con fondamento: Bestemmia come un italiano. Si tratta dunque di una diffusa malattia. Quale diagnosi? Primo sintomo, la grande superficialità. Chi ragiona non bestemmia e chi bestemmia non ragiona. O c’è, infatti, questo Dio bestemmiato o non c’è. Se non c’è, il bestemmiarlo è vano; se c’è, bestemmiarlo è insano, perché raglio d’asino non penetra in cielo! Secondo sintomo, lo scarso senso di responsabilità. Oltre Dio, infatti, c’è il prossimo. Tu, caro Orso, famoso per la tenerezza verso i tuoi nati, dovresti dire ai capi famiglia: bestemmiando, tu addolori la moglie e la figlioletta, scandalizzi il figlio, che viene spinto a copiare l’esempio del padre. Che guadagni?”.

dongi

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