Lezioni dalla Germania?

Dopo il 5 marzo, occorre rispondere al dovere di tutelare l’interesse nazionale sopra le lotte di fazione

Dopo avere per anni discettato su una Germania che ci voleva dare lezioni su tutto, anzi che ci voleva anche far fare “i compiti a casa” (la frase fu inventata il 5 febbraio 1997 da Kohl) e noi avere anche giustamente ribattuto che di lezioni non avevamo bisogno, forse sarebbe il momento di imparare qualcosa da quanto si spera stia avvenendo a Berlino con la formazione, forse, del nuovo governo di grande coalizione.

La lezione è, a dire il vero, ambivalente se non addirittura ambigua. Da un lato infatti ci insegna cosa può voler dire buttarsi in impegnative affermazioni drastiche in campagna elettorale. Dall’altro può farci riflettere su cosa significhi sapere rispondere al dovere di tutelare l’interesse nazionale sopra le lotte di fazione. Poiché probabilmente dopo il 5 marzo anche in Italia avremo bisogno di ragionare su qualcosa di simile, proviamo a buttare lì qualche analisi.

Primo punto: il pericolo, soprattutto per la sinistra, di lasciarsi andare a impegni roboanti nella speranza di convincere il proprio elettorato in crisi. E’ quanto ha fatto la SPD che ha cercato di addossare le colpe del suo calo di consensi alle limitazioni che le erano venute dalla partecipazione al governo di grande coalizione con la CDU/CSU. Di qui la stentorea affermazione in campagna elettorale: mai più al governo con quella formula, a cui Martin Schulz ha aggiunto che mai sarebbe stato al governo con la Merkel. Non ha portato fortuna né a lui né al suo partito. Infatti quando è divenuto evidente che rifiutare una riedizione della grande coalizione avrebbe significato gettare la Germania nell’incertezza di una nuova lotta elettorale preda delle tendenze populiste, la SPD non ha avuto alternative ad accettare l’invito del Presidente della Repubblica (anche lui un socialdemocratico) a tornare al tavolo delle trattative.

A questo punto però è scattata la nemesi delle affermazioni imprudenti. Innanzitutto si è dovuti passare per un complesso iter di validazione delle trattative da parte del vertice socialdemocratico prima e poi, fra poco, degli stessi iscritti, i quali qualche problema rischiano di averlo sentendo ancora nelle orecchie le critiche mosse durante la campagna elettorale all’alleanza con la CDU/CSU. Si aggiunga che alcune componenti radicali, guidate dal leader dell’organizzazione dei giovani socialdemocratici, sono lì a soffiare sul fuoco. In più gli avversari interni hanno avuto buon gioco a chiedere conto a Schulz (che, sia detto onestamente, avevano messo loro con grandi elogi alla guida del partito) della sua dichiarazione di indisponibilità a sedere nel governo a fianco della Merkel. Il che ha significato, in un paese dove la coerenza è richiesta più che da noi, l’inevitabile scelta di ritirarsi.

Bisogna però valutare anche la responsabilità politica mostrata dalla cancelliera. Si legge che con questo governo frau Merkel si avvia al declino come leader politico, ma le andrebbe dato atto che per evitare al suo paese l’avventura della lotta intestina senza prospettive non ha esitato ad accettare un suo ridimensionamento. Certo, da brava pragmatica e da persona che sa bene cosa sia il lavoro del governo, è consapevole che il potere che gli alleati hanno conquistato sulla carta non è detto corrisponda appieno a quello realmente detenuto con le rispettive cariche. A parole si può fare molto, secondo alcuni quasi tutto, ma in realtà poi ci sono i vincoli di sistema ed una burocrazia che, dove è di qualità, è in grado di mostrare ai suoi vertici politici i limiti entro i quali si può manovrare.

Guardando a fondo dentro gli avvenimenti politici in Germania ci sarebbe da imparare per una classe politica come la nostra che si sta buttando lungo la china di promesse irrealizzabili e che nell’illusione di accreditare la propria purezza giura che non farà mai accordi con gli avversari contro cui spara ad alzo zero. Un paese non può essere mandato al diavolo perché un pugno di professionisti della politica vuole cercare lo scontro finale. La Merkel ha capito che il futuro è in un ridisegno dell’Unione Europea e che per gestire questo obiettivo ha bisogno di una Germania con un ragionevole e stabile governo. Anche l’Italia è, lo si voglia o meno, dentro la partita della revisione del sistema europeo da cui dipendono molto più di quanto si pensi le nostre fortune future. Dunque anche noi avremo bisogno di un ragionevole e stabile governo. Ecco l’obiettivo a cui si dovrebbe tendere e se questo farà saltare qualche speranza di leadership più o meno totalizzante non sarà poi male.

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