Tormenti elettorali

C'era da aspettarselo: alla fine la diatriba sull’Italicum finisce per prendere il centro della scena. Dapprima Renzi aveva pensato di poter sfuggire all’assedio che si stava sviluppando attorno alla legge elettorale che aveva fatto approvare nonostante due debolezze: la prima era quella di averla imposta alle opposizioni interne ed esterne al suo partito; la seconda, più grave, di averla lasciata inquinare dalle pretese dei partitini a cui deve in fondo il mantenimento della sua maggioranza. Ne era uscito un testo che presentava più di una debolezza tanto da rischiare quantomeno una tirata d’orecchi da parte della Corte Costituzionale, se non proprio la dichiarazione secca di incostituzionalità.

I punti dolenti del testo non sono forse tutti quelli denunciati dalle opposizioni. Per esempio la questione dei capilista bloccati che porterebbe ad avere un parlamento con un centinaio di membri “nominati” (dai partiti) anziché scelti dagli elettori è strumentale. Fino ad oggi gli elettori che fanno uso delle preferenze sono una percentuale minima per cui la maggior parte dei voti viene assegnata secondo l’ordine di lista e siccome quello lo fanno i partiti (altrimenti l’elenco dovrebbe essere fatto con sorteggio fra i designati, il che è palesemente assurdo) gli eletti sono di fatto quasi tutti dei nominati dai partiti.

Invece rilevante e fondata è l’obiezione contro la possibilità per un candidato di presentarsi in molti collegi, addirittura fino a dieci. Ciò effettivamente toglie all’elettore l’espressione del voto come scelta, perché ha comunque 9 possibilità su 10 che colui per il quale ha votato opti per un altro collegio. Pensiamo che difficilmente una norma del genere, voluta dai partitini, potrebbe superare l’esame della Corte.

Più spinosa la questione del ballottaggio. Questo istituto esiste già per l’elezione dei sindaci e dunque non è in sé anticostituzionale (a prescindere che esiste in molti sistemi elettorali non italiani). Qui il vero problema è l’interpretazione che si deve dare dell’astensione. Se questa supera una certa soglia è ancora catalogabile come rinuncia dell’elettore ad esprimere il suo voto, dunque delegando a chi vota le scelte, o è una forma di voto in negativo, un voto di protesta contro il modo di condurre la politica? Se si opta per la seconda soluzione siamo ovviamente in presenza di una espressione di volontà dell’elettore che andrebbe in qualche modo riconosciuta.

Al momento la Corte ha scelto di rinviare il suo pronunciamento per non essere accusata di interferire nel referendum. Decisione saggia, solo un po’ tardiva, perché si poteva prendere prima. In parallelo Renzi ha deciso di togliere dalle mani degli avversari l’arma del cosiddetto “combinato disposto” fra riforma costituzionale e legge elettorale. Avrebbe forse voluto farlo con tempi più diluiti, ma la calendarizzazione in parlamento di mozioni e di proposte di nuove leggi elettorali gli ha imposto di accelerare i tempi. Al momento in cui scriviamo non è ancora nota quale sarà la proposta del PD, mentre già si sa che le proposte delle opposizioni sono molte e che tutto sommato nessuno vuole fare sintesi. E’ troppo interessante non perdere l’arma polemica con cui accusare Renzi di volersi prendere tutto il potere (non può esser così, ma conta poco), per cui si andrà avanti con sceneggiate senza avere l’obiettivo di concludere.

In fondo si sa bene che alla gente dei tecnicismi delle leggi elettorali interessa poco. Oggi i problemi sono il controllo dell’immigrazione e l’economia che non decolla. Perciò Renzi è in campo con attacchi alla UE e alla Germania considerate, non a torto, responsabili di scarsa sensibilità per i problemi italiani.

Basterà questo a ridare smalto ad una leadership che sta perdendo dei colpi, anche se non c’è nessun politico che sia veramente in grado di presentarsi come una alternativa all’attuale premier? Dipende da quanto il governo sarà in grado di mostrare una certa forza nel fronteggiare i due problemi che abbiamo richiamato. Si potrebbe argomentare che l’opposizione è messa peggio e con lei al potere è arduo pensare che si otterrebbero buoni risultati. Ma si sa: è chi guida la macchina che deve dimostrare di saper tenere strada anche in curva e su terreno difficile. Chi osserva dal ciglio del percorso può esibirsi in tutte le critiche senza pagare dazio.

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