Alcune sfide di oggi per la Chiesa

Dialogo ecumenico, pace, attenzione agli ultimi (poveri, migranti), ecologia

Il cristianesimo in generale e il cattolicesimo in particolare sono arrivati in quest’epoca a un punto di svolta. Devono decidere se essere davvero globali, universali, cioè cattolici. Oppure no. Già aver utilizzato quei tre aggettivi al plurale è un paradosso: non esiste un’unica fede in Gesù Cristo? Purtroppo nei fatti le divisioni dottrinali sussistono nelle varie confessioni cristiane, benché si sono fatti molti passi in avanti in questi decenni. Persistono poi ancora più profonde divisioni ecclesiali: ciascuna Chiesa si ritiene nella verità, da parte della Chiesa cattolica le comunità evangeliche non sono considerate neppure chiese, tra i cattolici e gli ortodossi – pur tra mille abbracci e buone intenzioni – l’unità visibile è molto lontana. Queste divaricazioni tra cristiani non sono affare dei teologi ma investono il quotidiano della vita e pure le grandi questioni di politica internazionale.

Tristissimo e intricatissimo il caso dell’Ucraina (la guerra civile è tutt’altro che risolta) con le varie chiese presenti nel paese parteggiano per una fazione o per l’altra, con la Chiesa ortodossa russa del patriarca Kirill che non fa mistero di appoggiare qualsiasi iniziativa del regime di Putin.

L’ecumenismo è quindi il primo terreno su cui lavorare. Non soltanto per una questione di credibilità verso il mondo ma per poter rispondere affermativamente alla domanda di Gesù per cui “Quando il Figlio dell’uomo verrà troverà la fede sulla terra?”. In realtà le Chiese sono più divise in materia di fede al loro interno piuttosto che tra di loro. I fedeli sono molto spesso disorientati e si sono persi i fondamenti della sequela di Cristo. Insieme si potranno recuperare.

Per questo è così importante l’ecumenismo “dal basso” come fa il Centro Bernardo Clesio nella diocesi di Trento: sono i gruppi di fedeli delle diverse confessioni a riscoprire, nell’ascolto e nel dialogo reciproco, gli elementi essenziali della comune e unica fede che poi deve essere appunto “confessata”, cioè manifestata al mondo.

Arriviamo così al secondo punto. La “missione” verso gli altri popoli è un comandamento contenuto nel Vangelo. Ogni cristiano è chiamato alla testimonianza. Nei secoli però l’idea di missione è molto cambiata: all’inizio era l’ardore di portare la buona novella a spingere i primi cristiani a essere perseguitati e a morire per Cristo; poi però la Chiesa non obiettava il fatto che si facesse la guerra, si sterminassero intere tribù per convertire (e conquistare) intere regioni del mondo; poi un nuovo slancio missionario doveva salvare dall’inferno le popolazioni africane e asiatiche che non avevano conosciuto il Vangelo: la verità, la luce, la salvezza era solo nostra, mentre il peccato e l’errore loro.

Oggi non è più possibile questa impostazione. Il rispetto delle altre religioni implica l’accettazione di un pluralismo della verità che va rispettato. Non si tratta di mettere in discussione l’unicità della fede cristiana, ma capire che la verità di Gesù Cristo è la misericordia, non qualcosa di oggettivo da imporre agli altri. La via del cristianesimo è la misericordia vissuta fino alla fine, fino alle estreme conseguenze. Perché Gesù non ha fatto il miracolo e convertito tutti? Perché la misericordia testimoniata al mondo implica il rispetto della libertà dell’altro, l’accettazione della volontà altrui fino al “perdonali perché non sanno quello che fanno”.

Il rispetto della coscienza diventa dialogo con le altre religioni ma anche comprensione di chi religioso non è. Questo vale soprattutto nell’occidente secolarizzato in cui il pluralismo etico mette in crisi il cristianesimo. La via è ancora quella, la misericordia, come indica papa Francesco: la Chiesa “ospedale da campo” che cura le ferite, i cui ministri devono farsi servi dei poveri, i cui fedeli sono chiamati a testimoniare con gioia la fede, la cui dottrina non deve mettere pesi su pesi come Gesù rimproverava ai farisei.

Infine la Chiesa deve essere profetica, cioè innestarsi nei problemi dei tempi e indicare la strada giusta. Purtroppo in passato la Chiesa è rimasta spesso indietro, soprattutto sulla democrazia e sui diritti umani. Dal Concilio Vaticano II mi sembra si sia invertita la tendenza e con papa Francesco ancora di più.

La pace è al centro dell’attenzione: il cristiano, come avviene in medio oriente, non può reagire se non con la non violenza e la sopportazione; la comunità politica internazionale deve fare di tutto per fermare i massacri,in primis con vie diplomatiche, poi in certi casi anche con la forza.

I migranti e i poveri: sembra soltanto la Chiesa cattolica a ribadire la fraternità di tutto il genere umano.

L’ecologia: la futura enciclica del Papa ribadirà che la distruzione della creazione è una grave colpa contro Dio perpetrata da chi sperpera le risorse del pianeta.

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