Nozze in San Pietro

Tra le coppie sposate da Papa Francesco, alcune venivano da una lunga convivenza, altre avevano già figli

Domenica scorsa, 14 settembre, papa Francesco ha celebrato nella basilica di San Pietro il sacramento del matrimonio per una ventina di coppie della diocesi di Roma. Fin qui niente di speciale, se non la conferma di quanto il pontefice voglia marcare il suo ruolo di vescovo di una Chiesa locale. Il fatto inedito risiede in una circostanza particolare: alcune di quelle coppie venivano da una lunga convivenza, altre avevano già addirittura figli. Eppure la loro unione è stata consacrata a Dio nientemeno che dal Papa in mezzo a una festante assemblea nel cuore della cristianità.

Mi sembra che questo evento si possa leggere in due modi. Cominciamo dal primo che potremmo definire come accogliente ma anche tradizionalista. Si potrebbe pensare che quelle coppie giunte all’altare in maniera “non regolare” abbiano compiuto un cammino di “conversione” che ha fatto loro capire l’errore e il “peccato” dello stato in cui si trovavano; quindi, dopo un periodo di ravvedimento, magari guidati da qualche figura esperta in tal senso, hanno deciso di compiere il grande passo. La Chiesa, madre accogliente e misericordiosa, giustamente esulta per il ritorno di questi “figlioli prodighi” che tra l’altro, col loro gesto, munificano la santità del matrimonio.

Lasciamo perdere la maniera in cui, fino a pochi decenni (fino a pochi anni) fa, venivano trattate le donne che avevano figli fuori del matrimonio; il minimo era essere “pubbliche peccatrici”: allo stigma collettivo seguivano i fatti con vere e proprie emarginazioni, esili, vite rovinate per sempre. E la “colpa” si riversava sui famigliari che spesso, per tutelare la reputazione, cacciavano di casa le poverette, con figlio al seguito. Figlio che veniva registrato a chiare lettere – a volte con una certa soddisfazione o con malcelato sdegno da parte del prete – nei libri dei battesimi come “illegittimo”.

Venendo al nostro tempo ricordo bene quando si diceva che chi voleva sposarsi in chiesa dopo convivenze e figli, doveva farlo con discrezione e riservatezza senza pompa, né pubblicità. Oggi ci si sposa in San Pietro col Papa come ministro del sacramento! Meglio, meglio così, perché era davvero scandaloso che questo lo potessero fare soltanto i vip dei rotocalchi, i personaggi televisivi e i ricconi a cui non si può dire di no.

Ecco il secondo modo con cui si può considerare questo avvenimento. Sicuramente le coppie in questione hanno compiuto un cammino di discernimento e di approfondimento, ma non avranno potuto di certo rinnegare la vita precedente. Anzi avranno visto in positivo il loro periodo di convivenza che poi li ha portati a una scelta definitiva, e avranno colto come una benedizione la nascita dei figli. Ricordiamoci che una volta questo era un arcipeccato! Non credo ugualmente che la scelta della Chiesa di Roma sia stata quella, abbastanza frequente comunque, di “adeguarsi ai tempi”, allargando le braccia e pensando in silenzio “non possiamo farci nulla”. Penso invece che, oltre che un gesto di amore secondo la prospettiva evocata tante volte da papa Francesco, sia un segnale di cambiamento, ben augurante in vista del Sinodo sulla famiglia che si aprirà il 4 ottobre prossimo.

Innanzitutto per una volta non ci si è concentrati sulla dimensione sessuale. Magari ci sono anche altre cose più importanti per un cammino di fede. Magari proprio attraverso la generazione di figli quelle coppie hanno capito di dover consacrare a Dio la loro unione. Il matrimonio, come tutti i sacramenti, è un dono bellissimo che non può essere visto come presupposto indispensabile per non cadere nel peccato. Certamente la Chiesa propone una via privilegiata, ma finalmente ci si accorge che il matrimonio, oltre ad essere un punto di inizio, è un punto di arrivo di un percorso. Perché per i religiosi ci sono diverse tappe fino ad emettere i voti perpetui e invece, a norma di catechismo, il matrimonio deve essere subito indissolubile? Se infatti il matrimonio cattolico fallisce, non c’è una seconda occasione, la Chiesa non dà una seconda possibilità al di là di certe ridicole scappatoie tipo “matrimonio giuseppino” per cui due convivono sotto lo stesso tetto come “fratello e sorella”.

Insomma, tutta la dottrina sul matrimonio andrebbe ampiamente rivista. E ancora una volta non per “adeguarsi alla mentalità del mondo”, ma per essere più fedeli al Vangelo.

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