Dalla proprietà al servizio

Nel 2003 il mercato della musica era agonizzante a causa dei prezzi elevati e della pirateria diffusa. In quell'anno Apple introdusse iTunes Store Music con il quale era possibile acquistare brani o album a prezzi concorrenziali, anche rispetto alla pirateria. É opinione diffusa che in questo modo salvò di fatto il business della musica mondiale.

A partire dal 2008 Spotify e Beezer offrono la possibilità di ascoltare tutta la musica che si vuole on demand via internet attraverso un modesto abbonamento mensile o gratuitamente (ma con pubblicità).

É di ieri l'altro la notizia che Amazon ha lanciato negli Stati Uniti un abbonamento mensile che consente di leggere sul proprio e-reader Kindle tutti i libri dello sterminato catalogo Amazon. Probabilmente anche Kobo seguirà a ruota questa politica.

In pochi anni si è passati dal concetto di "proprietà" – di un CD musicale, di un libro, di un programma – al concetto di "diritto" all'ascolto, alla lettura o all'utilizzo. Non si è più detentori di un bene ma utenti di un servizio che mette a disposizione il contenuto di quel bene.

Da grande appassionato mi sono spesso domandato per quale motivo non si sia innescato il medesimo meccanismo per i film e, soprattutto, per le serie TV. Con un servizio simile si potrebbe evitare di occupare enormi spazi per accumulare cofanetti di DVD che rischiano di diventare supporti obsoleti in poco tempo. Ricordo che negli ultimi decenni si è già passati dal VHS al DVD al Blue Ray e adesso al 3D.

Certo ci sono servizi come Sky OnDemand/Sky Online/Premium Play ma raramente si trovano serie complete e comunque solo per periodi limitati di tempo.

Negli Stati Uniti esiste invece Netflix, un servizio internet che dal 2008 – proprio come accade per la musica e per i libri – consente la visione on demand multipiattaforma (computer, tablet, smartphone, smart TV e console di gioco) di uno sterminato catalogo di film e serie TV. Netflix ha avuto un enorme successo ed è ormai un colosso fra i media oltreoceano, tanto da oscurare canali tradizionali come HBO e AMC. Recentemente si è evoluto autoproducendo serie di qualità fra le quali spicca la bellissima House of Cards, con Kevin Spacey, trasmessa recentemente da Sky.

Purtroppo in Italia difficilmente potremmo diventare clienti di Netflix (o di servizi simili); il motivo va ricercato nel solito duopolio televisivo e nella politica dei diritti, molto verticale, che le case di distribuzione adottano nel nostro Paese. I diritti non vengono ceduti a più operatori, ma in esclusiva, e magari solo per un periodo, ad un soggetto che – con la tipica visione corporativa dell'imprenditoria italiana – crea il proprio store. Un po' come se EMI, Sony Music e via dicendo avessero creato il proprio negozio virtuale di musica. Un appassionato, secondo questa lungimirante visione, dovrebbe prima capire su quale piattaforma può trovare le sue serie TV preferite, poi fare una scelta e quindi acquistare un abbonamento che comunque non gli garantirebbe di vedere tutto ciò che gli interessa. Troppo complicato e insoddisfacente perché possa funzionare.

Probabilmente sarà la dura legge del (piccolo) mercato italiano ad obbligare gli store a fondersi o a svendersi ai grandi player internazionali come Netflix. Il processo sarà ancora lungo. Per noi appassionati non rimane purtroppo che attendere.

vitaTrentina

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