“Convertitevi, il regno è vicino!”

Is 8,23b-9,3;

Sal 26;

1 Cor 1,10-13.17;

Mt 4,12-23

Esce di scena il Battista e Gesù, il Dio con noi, inizia la sua missione.

Colui che è nato in una stalla non entra trionfalmente in Gerusalemme, non tiene il suo primo discorso nel tempio, ma fugge dai centri di potere, diffida delle autorità religiose e si ritira nella “Galilea delle genti”.

Sceglie le periferie il Figlio di Dio dove vive gente normale, che lavora, dialoga con tutti, anche con chi la pensa diversamente, convive con lo straniero, ha una fede semplice, che fa fatica a reggere al confronto con il credo ufficiale di Gerusalemme, ostentato dai teologi di allora, dai sacerdoti e dai dottori della legge.

Questa “terra di Zabulon e di Neftali”come assomiglia alla nostra società! Dovremmo ricordarci più spesso dove inizia la sua predicazione il Signore, quando da nuovi profeti di sventura lanciamo i nostri strali contro il mondo di oggi, colpevole ad esempio di non essere il mondo di ieri, come se tutto allora fosse filato liscio, perché tutti andavano a messa la domenica e il parroco era un’autorità…

Dà subito un’impronta inequivocabile alla sua missione il Dio fatto uomo, guardando in faccia la realtà, andando a cercare quell’umanità vera, non addomesticata da tradizioni religiose asfissianti, fredde e soggette a un’osservanza ossessiva della legge. Cerca chi è ancora disposto a mettersi in gioco, perché ha toccato il fondo,sa bene cosa significa “camminare nelle tenebre” e, proprio per questo, ha un desiderio profondo di intraprendere il viaggio che conduce alla visione di “una grande luce”.

Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” sono le parole essenziali del suo annuncio.

Gesù rivolge anche oggi il suo invito alla conversione a chi riesce a scrutare la propria interiorità e a cogliervi quegli angoli di buio dove la sua presenza può penetrare con la forza di un bagliore che tutto trasforma e rinnova.

Il suo regno inizia nel cuore di ogni persona, che scopre il Signore come il bene più prezioso che le sia capitato.

Credo che una fede adulta debba compiere questo percorso di conversione, che consiste in un cambiamento di mentalità, assumendo nuove prospettive dall’esito inimmaginabile. Non si tratta soltanto di superare una visione “infantile” della fede, bensì di lasciare una strada per un’altra. C’è un nuovo tragitto dinanzi a noi: dalle certezze, inculcateci quand’eravamo bambini, bisogna passare ai dubbi e agli interrogativi, che possono trovare risposte esaurienti solo nell’incontro quotidiano con Cristo, ponendoci in ascolto della sua parola, riscoprendo il valore della preghiera e lasciandoci coinvolgere dalla vita comunitaria.

Il vangelo di questa domenica prosegue con la chiamata dei primi quattro discepoli. Gesù li incontra nella loro attività quotidiana di pesca, e si rivolge loro dicendo: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”.

Essi ci rappresentano, sono ciascuno di noi, ogni battezzato. Il Signore prende sempre l’iniziativa, si rende presente nei nostri giorni, in quella quotidianità spesso scandita da impegni, fatiche e incontri sempre uguali e per questo così frustranti, talora intristita da quelle insoddisfazioni lavorative, familiari e sociali, che a lungo andare ci portano a ripiegarci su noi stessi.

Sono le nostre periferie esistenziali, come le chiama papa Francesco, dove Gesù si sente a suo agio e ci prospetta la sua via d’uscita, dicendoci: “Vieni, lasciati coinvolgere dalla mia presenza, interpreta ogni tua vicenda alla luce della mia parola e anche le situazioni più logoranti avranno un senso, troveranno soluzioni insperate: io, il Signore, mi farò carico dei tuoi insuccessi, delle tue debolezze e di tutto il limite che c’è in te. Se la tua esistenza sarà ancorata alla mia, le tue tenebre cederanno il passo alla mia luce, diventerai mio testimone: qualcuno riconoscerà la mia presenza nelle tue parole e nelle tue scelte di vita”.

L’evangelista Matteo conclude dicendo che “… subito lasciarono le reti e lo seguirono”. Sappiamo che per quei primi discepoli ci vollero tre anni di vita comune con Gesù e lo Spirito di Pentecoste per concretizzare questo progetto.

Siamo quindi coscienti che ci vorrà un’intera esistenza per costruire la nostra identità cristiana,tuttavia in quel “subito” possiamo cogliere la necessità di essere anche noi persone conquistate da Cristo.

Sì, ne siamo certi, c’è un’ora di grazia in cui incontriamo il Signore come colui che rinnova i nostri giorni, illuminandoli con il suo amore fedele, rendendoci consapevoli di appartenergli, donandoci la forza di seguirlo e di testimoniarlo ai fratelli.

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