“Coraggio, sono io, non abbiate paura!”

1 Re 19,9a.11-13a;

Sal 84;

Rm 9,1-5;

Mt 14,22-33

Ferragosto è alle porte e un po’ ovunque si moltiplicano iniziative e manifestazioni perrendere indimenticabile quest’estate, che invece come ogni anno passerà alle cronache per i suoi roghi dolosi, per le temperature sempre più africane e per la violenza efferata di maschi che danno la morte alle loro compagne, da cui avevano ricevuto in dono l’amore e la vita.

Il tempo delle ferie fa nascere in noi una velata speranza di rallentare i ritmi, di trovare spazi e tempi che si adattino alle nostre esigenze profonde, al nostro bisogno di rimpossessarci dei nostri giorni, per ridisegnare il nostro destino.

Il profeta Elia, di cui ci parla la prima lettura di domenica, e Pietro, uno dei protagonisti del vangelo, ci ricordano che dall’incontro con Dio è possibile attingere energie sorprendenti, in grado di riqualificare la nostra vita.

Elia è un uomo in fuga. Si era battuto per il Signore, dimostrando la sua unicità e onnipotenza; in un eccesso di zelo aveva provocato una strage di sacerdoti pagani, suscitando la sete di vendetta della regina Gezabele. Dopo tanto vagare nel deserto, giunge al monte Oreb ed “ecco che il Signore passò”. Né il “vento impetuoso e gagliardo”, né il terremoto e il fuoco annunciano la sua presenza, ma “il sussurro di una brezza leggera”. Elia avverte la sua vicinanza in un respiro che lo accarezza, in un bisbiglio appena percettibile e in un brivido che lo attraversa e gli fa gioire il cuore.

Dio non si confonde con il frastuono del mondo: non troviamo folate divine nelle mode e nei costumi di oggi; neppure avvertiamo scossoni celestinei terremoti annunciati daun leader esotico troppo giovane e troppo sciocco, che con i suoi test nucleari tiene il mondo col fiato sospeso, o da un presidente così vecchio nella mente e nel cuore da mandare all’aria decenni di trattative e di accordi sul clima in nome di meschini interessi economici; non guizzano le fiamme della sua presenza nei fuochi che salgono dalle macerie di conflitti bellici, scatenati nel suo nome.

Allora, dov’è Dio? Il profeta ci indica dove cercarlo: nel “sussurro” che riempie d’amore la nostra vita, nella “brezza leggera”, che dona refrigerio ai nostri giorni più torridi, a quelle situazioni di pesantezza, che ci imprigionano come in una cappa di calore, precludendoci ogni via d’uscita. La sua voce è suadente, rassicura il nostro cuore; la sua prossimità ci sfiora e ci dà sollievo, mentre vaghiamo senza meta nei deserti dell’anima.

Pietro e gli altri discepoli – ci narra il vangelo – dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, sono costretti dal Signore “a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva”, Gesù invece si apparta su un monte in preghiera.

Rimangono soli nella notte, mentre la loro imbarcazione è agitata dalle onde a causa del vento contrario. Come non vedere rappresentate in questo frangente le nostre “notti esistenziali”, quando la vita ci fa imboccare le deviazioni forzate di una malattia, di una crisi familiare, di un figlio che ci dà filo da torcere, di problemi sul lavoroe di tanti sogni infranti…

“Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare”. Ogni nostra notte termina, quando il Signore si avvicina, muovendosi abilmente sul mare dei nostri fallimenti, e ci incoraggia, donando un futuro alle nostre speranze.

C’è scompiglio sulla barca, i discepoli non credono ai loro occhi e, confusi, lo scambiano per un fantasma. Gesù li rasserena, dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Il Signore è l’antidoto alle nostre paure e ai nostri dubbi. Ci ricorda che il primo atteggiamento da assumere per sconfiggere ogni timore è di mettere a fuoco la sua presenza: le nostre inquietudini svaniscono se riconosciamo in Lui l’Amico, a cui presentarci a viso aperto, certi di ottenere accoglienza e misericordia.

Pietro vuole raggiungere il Maestro, camminando sulle acque, ma lo assale il panico e affonda. «Signore, salvami!» gli grida disperato. Gesù gli tende la mano, lo afferra e gli dice: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

Non ci è dato di camminare sulle acque, di risolvere miracolosamente ogni nostro problema, di deporre le nostre croci edi scrollarci di dosso ogni sofferenza, ma ci è assicurata la presenza del Signore, che ci tende la mano, ci solleva e si fa trovare sotto le nostre croci. Con Lui presente sulla barca della nostra vita, il vento cessa e ritroviamo le ragioni della nostra fede, che ci porta a dire come i discepoli di allora: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

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