“Dio, il Padre dei piccoli”

Zc 9,9-10;

Sal 144;

Rm 8,9.11-13;

Mt 11,25-30

Viviamo in un tempo dominato dalle nuove tecnologie, dove ogni barriera comunicativa sembra ormai definitivamente abbattuta. Siamo tutti “internettologi”, navigatori, che solcano spensieratamente nuovi mari di inedite forme di comunicazione “virtuale”, dove entrare in chat, per condividere foto, video e quant’altro ci dà l’illusione di essere “social”. Tuttavia, spesso ci assale la nostalgia di quel piccolo mondo antico, quando – udite, udite – ci si parlava, guardandosi negli occhi, e ogni incontro era suggellato, a seconda della confidenza, da una stretta di mano o da un abbraccio. È ancora bello liberarsi dal giogo tecnologico e tornare alla genuinità e all’immediatezza dei gesti e delle parole: fermarsi per strada a scambiare due chiacchiere, stare insieme, sentendosi parte di un tutto che ha volti, mani, cuori che accelerano il battito, quando si connettono ad altri cuori in cerca di ascolto, condivisione e amore.

In particolare, l’incontro con i bambini fa nascere in noi il rimpianto di una vita semplice e diretta. Come genitori, familiari ed educatori siamo quotidianamente a stretto contatto con i piccoli ed è davvero emozionante ascoltare i loro racconti, tentare di rispondere alle loro domande, entrare nel loro mondo così spontaneo, aperto alle sorprese, dove ogni novità è accompagnata dallo stupore eogni evento straordinario è circondato da un’aura di mistero.

«Ti rendo lode, Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli…» prega Gesù all’inizio del vangelo di questa domenica. Aveva appena lanciato le sue invettive contro coloro che lo giudicavano “un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori” (Mt 11,19), notando palesi segni di ostilità nei suoi confronti, specialmente da parte delle autorità religiose, dei dotti e dei sapientoni di allora.

Il Signore intuisce che il suo messaggio va rivolto innanzi tutto a coloro che lo stanno seguendo con umiltà e semplicità di cuore. Li chiama “piccoli”, perché intravede in loro la naturalezza propria dei bambini. Non ne abbiano a male i sottili ragionatori, ma per conoscere Dio la mente deve prima tuffarsi nel cuore e lasciarsi purificare da quel modo di ragionare prevenuto, che talora impedisce di incontrare il Signore in modo autentico e spontaneo.

Noi grandi – così ci chiamano i bambini – pecchiamo spesso di superbia:pensiamo di poter capire tutto,facciamo fatica ad accettare il confronto e a metterci in discussione. Il Signore come al solito ci destabilizza, mandando all’aria le nostre argomentazioni così “inoppugnabili”. Ci ricorda che il Padre tiene nascoste “queste cose” a chi ha il complesso del superuomo. Rassegniamoci, Dio sceglie gli ultimi, coloro che non contano agli occhi del mondo, e li fa diventare i primi:«ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,51-52), ci ricorda Maria nel Magnificat. Gesù stesso incarna l’immagine di un messia mite e umile, così come ci viene descritto dal profeta Zaccaria nella prima lettura: «Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino… l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace». Tutta la sua vita, dalla stalla inospitale di Betlemme al patibolo infamante della croce, è stata contrassegnata da questa “logica del perdente” secondo la visione del mondo, ma non nel pensiero di Dio, che negli sconfitti vede gli autentici vincenti. Gesù ha vinto il mondo (cfr. Gv 16,33), ha sconfitto la morte con la sua risurrezione.

Anche noi, se sapremo farci piccoli nello spirito, assaporeremo l’emozione della vittoria. E chi vince?

Vince chi accetta che il suo cuore diventi la lampada della sua mente; chi scruta le sue emozioni profonde e con stupore scopre che la vita è bella, se è condivisa con qualcuno. È un vincente chi si sente sempre bambino agli occhi di Dio: si fida totalmente di Lui e della sua Parola; coglie il filo d’oro della sua presenza negli avvenimenti di ogni giorno;partecipa alla maratona della vita correndo in coppia con Lui e,sebbene la fatica abbia spesso il sopravvento,non dubita di arrivare al traguardo, perché sa che può sempre contare su un Padre presente.

Esce vittorioso dal tunnel della prova chi accoglie l’invito di Gesù: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore… il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Avviciniamoci al Signore, deponiamo nel suo cuore tutte le nostre fatiche e inquietudini e ci ritemprerà, donandoci la sua pace. Facciamoci carico del “giogo” del suo amore, per assaporarne la dolcezza ed essere accarezzati dalla delicatezza della sua presenza accogliente.

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