“Gesù, il pane vivo, disceso dal cielo”

Dt 8,2-3.14b-16a;

Sal 147; 1

Cor 10,16-17;

Gv 6,51-58

Se parliamo con qualche persona molto anziana succede assai di frequente che il discorso vada a parare ai tempi che furono. Ci sentiamo ripetere: «Quando ero giovane io» e, immancabilmente,la conversazione prosegue con i ricordi sempre fin troppo nitidi degli anni della guerra, quando «non c’era pane». La mancanza di pane era il segno che la povertà picchiava duro e conosceva i morsi della fame. Questo alimento, che in tempi di relativo benessere troneggiava sulle nostre tavole, oggi rischia di scomparire da tante mense, per motivi opposti a quelli dei tempi di carestia, ossia perché siamo sovralimentati e ci illudiamo che basti eliminare il pane, per risolvere i nostri problemi di salute o semplicemente di sovrappeso.

La solennità del Corpus Domini, che celebreremo domenica, ci ricorda invece che non possiamo vivere senza il Pane, che il Signore ha spezzato per noi durante l’Ultima Cena. Lo chiamiamo Eucaristia, rendimento di grazie innanzi tutto a Gesù, per averlo impastato sulla croce e sfornato dal sepolcro. L’Ostia consacrata, che porteremo solennemente in processione per le vie dei nostri paesi e delle nostre città, ci rammenta che Cristo è la vittima, che per amore si è lasciata macinare, per diventare farina, pane.

C’è del mistero in quel Pane, come appariva misteriosa la manna all’antico popolo eletto,che nel deserto aveva gridato la sua fame a Dio (cfr. Es 16,7). Il discorso di Mosè, che ascolteremo nella prima lettura dal Deuteronomio, si presenta come una splendida sintesi dei quarant’anni trascorsi da Israele nel deserto. Fu un tempo di prova, di umiliazioni inflitte per vagliare il suo cuore: la fame e ogni tipo di stenti accompagnarono quel cammino verso la Terra promessa. Mosè ammonisce il popolo dicendo: «Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile… che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri». La manna, «il pane che il Signore vi ha dato in cibo» (Es 16,15), diventa l’alimento che permette al popolo eletto di sopravvivere alle asperità del deserto e che lo rende consapevole di dipendere totalmente da Dio: appare il segno tangibile, il messaggio quotidiano,che l’Altissimo rivolge a Israele per narrargli il suo amore, la sua predilezione e la sua elezione: «per farti capire che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore».

L’Eucaristia è la nostra manna, il pane, che il Padre si toglie di bocca per offrirlo a noi, suoi figli. In quel Cibo ci ha dato tutto: ci ha donato suo Figlio, Parola diventata Carne perché, come ci ricorda san Paolo nella seconda lettura, noi tutti, entrando in comunione con il corpo e il sangue di Cristo, pur essendo molti, diventiamo un solo corpo: “tutti infatti partecipiamo all’unico pane”.

Accade un evento straordinario: grazie a quel Dono l’universo di Dio compenetra il nostro povero mondo umano così frammentato, segnato dal limite dell’incomunicabilità, dilaniato da conflitti e crea unità, costruisce comunione. Infatti, è proprio dalla partecipazione all’Eucaristia che nasce la Comunità e assume le sembianze di una famiglia, la Famiglia di Dio.

La celebrazione dell’Eucaristia diventa allora la festa dell’incontro, dell’amore donato e ricevuto,in grado di cambiare la nostra vita,rendendoci consapevoli che in quell’ora di grazia celebriamo l’unione con Dio e tra di noi. La Messa sarebbe snaturata se fosse ridotta a un culto intimistico e asettico reso alla Maestà divina: l’odore dell’incenso non potrà mai coprire il profumo di umanità, né la solennità austera della musica sacra impedire di cogliere le dolci melodie di una polifonia di cuori inneggianti alla vita, che “per quanto assurda e complessa ci sembri… è perfetta” (Fiorella Mannoia, Che sia benedetta).

Nel vangelo di Giovanni il Signore ci dice: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno…». Gli alimenti che assumiamo quotidianamente nutrono il nostro corpo e lo rigenerano: più il cibo è di qualità, biologico, e più ci manteniamo sani e miglioriamo le nostre aspettative di vita.

Ebbene, Gesù ci offre un nutrimento che proietta la nostra esistenza oltre gli orizzonti terreni. Il suo Pane è vivo, perché contiene la sua Vita; è concreto, perché è disceso dal cielo per profumare di terra; è di qualità, perché preparato con ingredienti divini e, infine, ci sazia pienamente, facendoci pregustare i sapori dell’eternità.

Non temiamo di nutrirci ogni domenica di questo Pane; si moltiplichi sui nostri altari; sia sempre presente nella bisaccia del nostro cuore mentre percorriamo il cammino accidentato della vita, affinché con la forza dataci da questo Cibo possiamo raggiungere il monte di Dio (cfr. 1 Re 19,8), il paradiso.

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