Non più come prima!

Gn 3,1-5.10;

Sal24;

1Cor 7, 29-31;

Mc 1,14-20]

«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Ben conosciamo l’autorevolezza ed il fascino di queste prime parole di Gesù pronunciate all’inizio della sua vita pubblica e poste a fondamento dell’intero Vangelo secondo Marco. Eppure la loro ricchezza, la loro intensità e la loro sorgiva vitalità ci superano sempre. È come se il loro incanto ci catturasse per la prima volta. È proprio vero che «la migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle sue pagine e leggerlo con il cuore. Se lo accostiamo in questo modo, la sua bellezza ci stupisce, torna ogni volta ad affascinarci. Perciò è urgente ricuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova. Non c’è niente di meglio da trasmettere agli altri» (EG 26)

Ci pare davvero provvidenziale che questa parola così pungente ci raggiunga nella Settimana per l’Unità dei cristiani. La sentiamo come un invito a svegliarci dal nostro torpore e ad accogliere l’imperativo evangelico di lavorare con entusiasmo e con impegno per l’unità dei cristiani. Sì, non c’è tempo da perdere! Tutti i brani della liturgia della Parola di questa domenica sottolineano che è giunto a pienezza un tempo nel quale è indispensabile orientarsi e seguire il Signore per vivere in modo appassionato. Pienezza ed urgenza. Abbondanza di vita e necessità di una scelta. È questione di cuore, è questione di attrazione! Con l’annuncio del regno di Dio, che è amore gratuito offerto a tutti, non possiamo più rimanere tranquilli perché «tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità ed avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (EG 20). Nella prima lettura ci viene presentata la figura di Giona che, a differenza dei primi quattro chiamati del Vangelo, non risponde «subito» alla chiamata del Signore. Proprio per questo «fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore» (Gn 3,1). È paradossale, ma Giona teme che la sua missione abbia successo e che gli abitanti di Ninive, nemici acerrimi di Israele, si convertano rivelando il volto di «un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore» (Gn 4,2). Giona accetta con fatica che la misericordia preveniente di Dio renda possibile la conversione agli abitanti di Ninive. Questo profeta così anomalo, capriccioso e irrimediabilmente intrappolato nelle sue stesse convinzioni settarie ed integraliste non riesce a gioire di fronte alla compassione di Dio esercitata anche verso il male più radicale, anzi si indigna. Così la conversione stessa dei Niniviti appare in primo luogo come una terapia efficace per guarire il cuore di Giona e renderlo capace di misericordia. Non facciamo fatica a vederci in Giona e grazie a lui comprendiamo che solamente se usciamo da noi stessi, dalle nostre logiche ristrette ed interessate e ci decidiamo ad alzare gli occhi intorno e a guardare la nostra vita ponendo al centro Dio come nostro unico Signore possiamo fare esperienza della sua infinita misericordia. Occorre compiere un cammino di liberazione dentro di noi per lasciare che Dio si mostri così come è nella nostra vita. Sì, siamo chiamati a ritornare continuamente al Signore mettendoci in discussione, non sentendoci mai arrivati, ma lasciandoci chiamare «una seconda volta» proprio dentro i nostri limiti, dubbi, esitazioni e pigrizie.

In effetti, disarmante è l’amore di Dio: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». La prima azione che ci viene richiesta per entrare nella bellezza del Vangelo è accogliere il dono del Regno, è lasciare che Dio divenga Signore della nostra vita, è fare spazio a Lui solo. È non aver paura della misericordia di Dio che ci vuole insegnare a vivere il nostro tempo in modo nuovo perché illuminato e custodito dalla presenza del Signore. Se prestiamo attenzione i primi due verbi sono all’indicativo («il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino») e pongono in prima posizione il dono da ricevere, da accogliere e da fare nostro. Al dono offerto seguono i due imperativi «convertitevi e credete nel Vangelo» che esigono la nostra decisione e scelta di cambiare vita. Quel Regno donato nelle nostre mani rende possibile ed esige la nostra risposta di vita. Occorre decidersi «subito» perché non c’è più tempo da perdere! Certo, in Gesù, con la sua consegna totale della vita, il tempo favorevole per la salvezza di tutti ha raggiunto la pienezza, ma oggi, ancora, continua ad esigere la nostra risposta radicale e personale perché tutti possano vedere la sua signoria in mezzo a noi. Non si può più indugiare! Ci assale lo scoraggiamento? Ci pare che nulla cambi in noi? Ricominciamo ogni istante a dare fiducia a Gesù che è morto e risorto per noi, a lasciarlo regnare dentro di noi. Poniamo in lui i nostri desideri, pensieri, preoccupazioni e gioie. Cerchiamo di dare volto al radicale annuncio dell’amore inventando sempre nuove vie di bene, di compassione e di prossimità. I primi discepoli ci sono maestri. Si lasciano pescare da Gesù per imparare a loro volta a tirar fuori dal mare del nonsenso, della noia, dell’indifferenza e della sofferenza quanti incontreranno nella loro nuova vita. Sarà per loro un tirocinio impegnativo ed una scelta da rinnovare più volte nel loro «andare dietro al Signore». Così anche noi, a partire dalla nostra Galilea che è la vita di ogni giorno, siamo sollecitati «a prendere parte a questo Regno, ad entrarvi parlando il linguaggio dell’amore, del dono di sé offerti con l’Amico, [il Signore

, seguito fino all’eccesso» (Christophe Lebreton).

a cura della Comunità monastica di Pian del Levro

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