Pessimisti, ottimisti… o credenti?

I lettura: Isaia 6,1-2a.3-8;

II lettura: 1Corinzi 15,1-11;

Vangelo: Luca 5,1-11

Che all’omelia della Messa sia soltanto il prete a prendere la parola e tutti gli altri debbano ascoltare, non è proprio l’ideale. D’altro canto, le nostre assemblee domenicali (più o meno affollate) non possono permettersi quel clima familiare che caratterizzava le liturgie delle prime Comunità cristiane (celebrate in una casa, con un numero limitato di partecipanti): allora l’omelia poteva avere davvero il tono del dialogo, della conversazione. Oggi può accadere che ad alcuni le cose che dice il celebrante piacciano e le ascoltino volentieri, ma che ad altri non piacciano, o non interessino affatto… Presumo di indovinare i pensieri di certi partecipanti al riguardo: “Ma che cose astruse sono mai queste? Ma che ne sa questo prete della vita, delle grane che io devo affrontare in famiglia, là dove lavoro? …e poi si dice che il vangelo è una buona notizia! Io non vedo l’ora che finisca la Messa, così da tornarmene a casa e sedermi davanti alla TV. Almeno lì posso addormentarmi senza fare brutta figura!”. A parte la conclusione (cioè la TV che non c’era), credo che non fossero molto diverse le sensazioni di Simon Pietro – pescatore di professione – quella mattina che Gesù si rivolse proprio a lui e gli domandò di prestargli la barca, perché da lì tutti quelli che stavano a riva avrebbero potuto vederlo e sentirlo. Deve aver fatto uno sforzo notevole per non rispondere male Pietro quella mattina. E probabilmente ha pensato: “Ma che ne sa questo qui della vita, della mia vita di pescatore? Come può credere che mi interessino le cose che dice? Io sono qui, stanco, dopo una notte di lavoro buttata via senza prender niente e non vedo l’ora di andarmene a casa a dormire. Toh che invece mi tocca star qui ad ascoltare un profeta, questo Gesù di Nazaret, che poi non so nemmeno chi sia di preciso”. Ma è proprio nel mezzo di questi pensieri che Pietro si sente fare una proposta ancora più strana: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca…”. Ah, questo poi! Penso che la reazione di Pietro sia stata quantomeno un po’ stizzita. Il vangelo l’hanno scritto diversi anni dopo i fatti, ma non dice tutto; riporta solo queste parole: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla!”. Siamo stanchi e demoralizzati. Tu, Gesù, avrai anche belle parole da dire, ma noi ce ne torniamo a casa a mani vuote. Altro che un futuro sereno, altro che fiducia o speranza! Se tutte le notti è così, è meglio cambiar mestiere…(Sì, ma… e come trovarlo? Con la crisi economica in atto, i licenziamenti, la disoccupazione crescente… A distanza di 2000 anni da quella mattina, c’è ancora chi la pensa come Simon Pietro).

Questa domenica in Italia si celebra la Giornata per la Vita. Basta guardarsi attorno, o sentire certe notizie, per restare amareggiati e delusi, come Simon Pietro. A presta fede a certi segnali, si direbbe che la nostra civiltà occidentale abbia imboccato la via del tramonto, dell’estinzione. Le avvisaglie sono davanti agli occhi di tutti: mai come oggi, ad esempio, si sono avute così tante e sofisticate opportunità per proteggere e difendere la vita, e d’altro canto mai come oggi la vita è stata a rischio: rischio di non poter venire alla luce, di essere impunemente ferita quando è nel suo rigoglio (pensiamo alle dipendenze di vario genere) o troncata con estrema leggerezza (gli incidenti stradali sono la prima causa di morte tra i giovani), rischio di essere interrotta come pare e piace quando si ritiene che non sia più degna di essere vissuta. Che se poi si tiene presente che la vita viene dalla famiglia, allora si aggiunge un altro rischio ancora: quello dello sfascio, con le conseguenze che di solito son sempre pagate dai più deboli. Per non dire che anche nelle migliori famiglie (come si suol dire) le scelte che fanno i figli, a volte sono ben diverse da quei valori o ideali ai quali si pensava di averli educati. E forse che volgendo lo sguardo alla Chiesa possiamo dirci entusiasti e ottimisti? Con tutti i limiti che ci ritroviamo: di età, di carattere, di fragilità, di incoerenze, di peccato… Parlare questo linguaggio mi fa sentire come uno che sta cambiando la fasciatura a una piaga, e via via che toglie la benda la piaga fa male. Sì, ma se non lo si fa, quella piaga peggiora e si trasforma in cancrena. Non possiamo accettare che i nostri pessimismi, le delusioni, le amarezze, si trasformino in cancrena. Non dobbiamo vergognarci di scoprire le nostre piaghe – collettive o personali che siano – davanti a Gesù Cristo. E’ a noi – a ciascuno in particolare – che lui ora dice: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca!”. Manifestiamogli pure le nostra perplessità, le nostre apprensioni e delusioni: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla!”. Ma perché non far nostre anche le altre parole di Pietro? “Sulla tua parola, Signore, getterò le reti!”. Anche se le mie esperienze, i miei sentimenti, il mio buon senso, mi porterebbero in tutt’altra direzione. No, sulla tua parola, Signore, getterò le reti! Di fronte a quella pesca così prodigiosa, “allontanati da me – disse Simone a Gesù – perché io sono un peccatore”. Ma Gesù gli rispose: “Non temere: d’ora in poi tu sarai pescatore di uomini!”. No, non si allontana da noi Gesù Cristo; non ci abbandona affatto. Ci provoca tutti alla fiducia nella vita, a promuoverla operosamente in tutti i modi e in tutte le occasioni possibili. “Pescatori di uomini” probabilmente vuol dire proprio anche questo.

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