“Resta con noi, Signore!”

At 2,14.22-33;

Sal 15;

1 Pt 1,17-21;

Lc 24,13-35

“Strade vuote, strade senza te” recitava il ritornello di un canto di chiesa di qualche decennio fa. Era davvero vuota quella manciata di chilometri che separava Gerusalemme da Emmaus. Due discepoli la stavano percorrendo in fretta nel tardo pomeriggio del giorno di Pasqua, per tornare con passo veloce al loro paese. Avrebbero voluto divorare la strada, essere già a casa, dimenticare le urla e le imprecazioni udite a Gerusalemme, resettare la loro mente da quelle scene di violenza, da quel volto rigato di sangue, reso irriconoscibile dalle percosse e dall’odio, “tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto” (Is 52,14). Quel viso tumefatto continuava a ripresentarsi nei loro pensieri, in un turbamento crescente, che poteva essere sedato solo confidandosi, “conversando tra loro di tutto quello che era accaduto”.

Gesù si accosta e inizia a camminare al loro fianco.

Quanto è importante nella vita trovare un compagno di viaggio! Può essere il coniuge, un amico, una guida spirituale: qualcuno, su cui appoggiarci, che ci conosce in profondità, che ci compatisce e ci tende la mano, per rimetterci in piedi dopo ogni caduta; qualcuno, di cui non possiamo fare a meno per la sua ricchezza interiore,la sua capacità di ascolto e l’avvedutezza, con cui centellina i suoi consigli.

In particolare, nel nostro percorso di fede Gesù si avvicina anche a noi e ci chiede di diventare l’ospite dolce e discreto della nostra vita, per far vibrare le corde del nostro cuore con parole nuove, che ci ridestano dal sonno dell’anima e ci infiammano di coraggio.

I due discepoli non lo riconoscono. La loro mente è in subbuglio, i loro sguardi sono offuscati da scene di morte, che non lasciano insinuarsi nei loro occhi il fulgore del suo volto, ora splendente. Il Viandante misterioso rompe il silenzio e chiede loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermano, tristi, e vuotano il sacco con quel forestiero “ignaro” del dramma, consumatosi a Gerusalemme.

«Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele…». Quante speranze deluse, quanti sogni infranti! Le stesse prime testimonianze della risurrezione non riescono a scalfire la loro disillusione e a far nascere il dubbio che il loro Maestro sia nuovamente presente e vivo. Il dramma della croce aveva annullato tutte le loro attese: quel “profeta potente in opere e parole” si era portato sulla croce ogni loro speranza.

Gesù inizia a farsi carico della loro vita, imprigionata in una gabbia di tristezza. Apre una breccia nel loro cuore,tormentato dalla paura, per deporvi le sue parole, benefiche come gocce d’acqua, che irrigano terre riarse, e salutari come unguento, che rimargina ferite profonde.

«Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».Il Risorto dà un senso alla sua morte di croce e lo fa “spiegando loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”. Sant’Agostino sosteneva in proposito che il Nuovo Testamento si trova come nascosto nell’Antico, mentre l’Antico è svelato nel Nuovo.

Gesù chiarisce ai due viandanti e a ogni suo discepolo che la sua morte in croce è l’evento, che rivela la pienezza dell’amore del Padre. Su quel patibolo infamante e scandaloso egli mette a nudo la “debolezza” di Dio, ossia il suo essere perdutamente innamorato dell’umanità. Da quel supplizio di dolore si riverbera la cifra dell’amore di Dio.

Sta per imbrunire, sono giunti alla meta e Gesù accenna a proseguire il suo viaggio. «Resta con noi, perché si fa sera…» gli dicono con l’insistenza di chi ormai non può più fare a meno di lui. “Egli entrò per rimanere con loro”: resta davvero e per sempre, si dona completamente, spezzando per loro il suo Pane.

I loro occhi si aprono; quel fuoco misterioso, che già ardeva nel loro cuore, mentre conversava con loro, brucerà senza consumarsi come un nuovo roveto ardente.

Improvvisamente tutto cambia: quella notte non è più notte ora che i loro occhi conservano i bagliori di quel volto, tornato amico. Di corsa, liberi da stanchezza e paura, ripercorrono la stessa strada, dove riecheggiano ancora le parole del Signore, e tornano a Gerusalemme, la città delle speranze infrante, sacrificate su una croce, e ora risorte in nuovi annunci, che profumano di pace e mettono le ali alla gioia.

Pasqua è anche la festa delle emozioni profonde, che hanno appassionato gli animi dei testimoni di allora e che possono anche oggi riempire i nostri cuori della presenza del Risorto, del compagno di viaggio ritrovato.

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