Io sono dio… o no?

Una commedia che prende di mira le religioni senza riuscire ad andare a fondo nel mistero dell'uomo

Massimo è il secondogenito scapestrato di un affermato professionista che ha lasciato in eredità a lui e alla sorella Adriana un palazzo d'epoca che lui ha trasformato in bed and brekfast. Ma la crisi ha portato un notevole calo di lavoro, l'evasione delle tasse non è più così facile come un tempo e il cognato preme per rilevare l'immobile.

Incuriosito dal successo del dirimpettaio convento di suore che vanta un costante tutto esaurito, Massimo decide di trasformare il b&b in un luogo di culto, per evitare legalmente l'imposizione fiscale che lo sta strangolando.

Dopo aver fatto il giro di tutti i ministri religiosi del circondario, e aver ricevuto altrettanti rifiuti a collaborare, ecco l'illuminazione: inventarsi una nuova religione. Aiutato da Adriana e da Marco, scrittore in crisi nonché compagno della sua ex moglie, si lancia così in un'avventura sgangherata che non rimarrà senza conseguenze.

Con una sede, un rappresentante, un atto costitutivo e uno statuto ecco servito lo “ionismo”, che prende spunto dalle altre religioni per smontarne precetti e regole, che assume come misura l'uomo per evitare sovrastrutture morali e obblighi che vadano al di là di se stessi: l'io diventa misura di tutto, basta guardarsi allo specchio e decidere come vivere la propria vita, perché “io sono il mio dio”.

“Io c'è” diventa così il motto del trio, ma anche di un gruppo di persone alla disperata ricerca di un senso nella vita. Quello che Massimo non aveva calcolato, infatti, è il bisogno profondo di trovare qualcuno a cui affidarsi, sia esso un dio o un santone, che attira un gruppo di fedeli sempre più nutrito.

La commedia firmata da Alessandro Aronadio parte come un attacco pungente nei confronti della religione, descritta in modo piuttosto macchiettistico come un mondo dove abbondano i simulacri esteriori e vuoti, per poi addentrarsi, senza riuscire a portare fino in fondo le conseguenze, nei meandri dell'animo umano.

Si ride facile mentre la vicenda scorre, tra dialoghi serrati e interpretazioni azzeccate si insinua qualche scelta registica meno scontata, ma il tutto rimane in superficie, mentre la fede ionista comincia inspiegabilmente a cambiare le vite dei suoi adepti, almeno là dove guardarsi dentro significa prendere coscienza di un sé più autentico.

Incastrato da responsabilità non previste, Massimo prova a distruggere, senza riuscirci, il piccolo impero che ha creato, scontrandosi nuovamente con il vuoto di un sistema che, come la religione, sembra fondarsi su regole vuote e autoreferenziali.

Se la tesi del regista è quella di ridurre ogni credo ad una favola che serve solo a farci dormire sonni tranquilli, l'ultimo sguardo di Massimo, così diverso da quello di sfida del suo ritratto da santone, restituisce la cosa più vicina al dubbio che muove il primo passo verso un cammino interiore più profondo e autentico, ma è già tempo di titoli di coda.

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