Ci hanno lasciato una “stecca” esigente

Tra i mille striscioni applauditi lungo le vie di Trento quello che prometteva “Pronti, per 365 giorni all’anno!” è oggi il più impegnativo. E non solo per gli alpini.

Passata l'avvolgente e irripetibile festa dal record di presenze, resta infatti il dovere del servizio ordinario, la fedeltà nel quotidiano. La più preziosa “stecca” (il simbolo consegnato domenica sera agli alpini milanesi fino al prossimo anno) è l'esigente richiamo alla coerenza: solo così le scritte sulla carta si fanno carne, le preghiere davanti al braciere non vanno in fumo e il tambureggiante ritmo della sfilata mantiene forza nei passi regolari di ogni giorno.

Le penne nere ci ricordano che se fosse soltanto divertimento o nostalgia, l’adunata sarebbe un’esibizione stonata. A giustificarla e impreziosirla sono gli altri 364 giorni, quando si è chiamati ad “esserci”, non solo nelle emergenze: una mano agli anziani, la raccolta per i poveri, la cura per la montagna, chiesette e rifugi compresi.  

Questa capacità di resistenza deve alimentare anche i due valori civili individuati dall’Arcivescovo Lauro nello “scrigno alpino”: la partecipazione attiva per il bene comune, che deve vincere sulla chiusura egoista, e il senso forte di appartenenza, in tempi si fatica a riconoscersi in qualsiasi tipo di comunità.

Per tutti, spettatori e protagonisti della sfilata, l’applauso reciproco è un incoraggiamento a  “tener duro”, nell’adesione rinnovata a impegni pratici e ideali,  anche quando altre sigle si sfilacciano e prevalgono le spinte individualiste.

Anche ai trentini più scettici gli alpini del Nord e del Sud han mostrato la capacità di fare “corpo” – un’immagine anche evangelica, come ha ricordato loro in Duomo  mons. Santo Marcianò – che non vuol dire cameratismo goliardico o uniformità piatta, ma condivisione personale e collettiva di una visione della vita fondata sul rispetto, sull'uguaglianza, sull'amore. Per questo si rivelano squalificanti gli eccessi di… liquido alcolico e di linguaggio anche sessista.

Ben altro è quello che gli alpini vogliono passare ai giovani, anche ai nostri: l’attenzione a non intrupparsi in dipendenze vuote, ma la gioia di scattare sull'attenti, quando qualcuno chiama, quando serve una mano, perché nessuno sia solo. “Dappertutto”, come ha indicato il vescovo Lauro. E chissà che in questa prova diffusa di responsabilità comunitaria non si affermi la regola  di un anno di servizio civile nazionale obbligatorio, tempo favorevole da promuovere con un’apposita di legge.

In questa direzione, il mosaico trentino di bandiere tricolori richiama la costruzione faticosa del bene comune di un Paese che il presidente Mattarella ha reso dopo vent'anni simbolicamente presente all'Adunata di Trento, in ore decisive per il suo futuro.

L’omaggio del Capo dello Stato ai caduti di tutte le guerre (apprezzato dagli Schutzen) così come il saluto muto del saggio Guido Vettorazzo, reduce di Russia, sul colle di Miravalle hanno suggellato questo centenario 2018 come data simbolo per rinchiudere per sempre in archivio sterili nazionalismi, tirando fuori dai musei e dalle scuole il principale valore di cui il mondo – dal Medio Oriente all’Asia – è oggi bisognoso: la fratellanza fra i popoli a ragione della comune umanità. Lo vuol custodire e rilanciare anche la conca di Trento dopo averlo accolto dentro un morbido cappello d’alpino.

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