Disarmante fragilità di un Dio bambino

Un bambino… adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12): Natale è il torrente impetuoso dell’amore del Padre che esonda fino a raggiungere l’altezza di una… mangiatoia. A Natale “si sta sul pezzo” se ci si lascia coinvolgere e sconvolgere dalla disarmante fragilità di un Dio bambino deposto nella mangiatoia della nostra vita concreta, fatta di gioie e soddisfazioni, ma anche di crisi e di dubbi.

Un bambino è nato per noi” (Is 9,5): un bambino appena nato è debole, ma straripante di futuro! Si tratta di un’esperienza in grado di dare nuovamente sapore alle nostre giornate, alle nostre relazioni, alle nostre occupazioni quotidiane e a noi stessi. Il Natale è la porta aperta attraverso la quale guardare avanti e andare avanti. Il Natale chiede di essere vissuto “come una festa del futuro, non come qualcosa che a poco a poco va scomparendo nel grigio e sempre più estraneo passato, qualcosa che suscita solo un vago, sentimentale ricordo, ma come un’esplosione dell’eternità nel tempo” (von Balthasar).

Ci è stato dato un figlio” (Is 9,5): Natale è la novità di un Dio che nella sua fragilità infantile riesce a connetterci col mondo reale e provoca la nostra responsabilità: “Dio mio, Dio mio, oggi sei figlio mio” (F.L. Bernandéz). In Gesù Bambino il Padre si offre a noi gratuitamente come Figlio, grazie all’azione discreta dello Spirito Santo: “inginocchiamoci infantilmente davanti a questo mistero, come i pastori, che non comprendevano molto, ma poiché erano come bambini con il Bambino eterno afferrarono molto di più il suo significato che i sapienti dottori della Legge alla corte del re Erode. Come bambini, e dunque giovanilmente e aperti a tutto ciò che viene, pieni di desiderosa attesa e decisi in anticipo ad ogni avventura” (von Balthasar).

Il suo nome sarà… Principe della pace” (Is 9,5). Il Natale genera operatori di pace: persone normali e limitate, felici di prendersi cura di chi soffre: “Natale come festa del futuro è come nessun’altra la festa delle porte aperte, della mano tesa, del ponte gettato verso l’altra sponda” (von Balthasar). Tempo di carità fattiva e creativa, il Natale sprona a fare posto nella nostra vita all’inerme debolezza del Dio bambino presente nelle vittime della storia: “accogliere l’altro è come accogliere Dio in persona!” (Papa Francesco).

Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). Il Natale fa germogliare in noi i desideri grandi dei piccoli: il coraggio di resistere al pessimismo e alla rassegnazione, la consapevolezza di non farcela da soli, la speranza tenace che il cielo non dimentica le nostre difficoltà quotidiane. Il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar (1905-1988), parlando alla radio, si domandò: “È presuntuoso in quanto cristiani avere una speranza che si estende anche al futuro, anche al germe di storia ventura che è già nascosto nel presente? Certamente le potenze ostili gareggeranno per il concentramento di potere e la corsa per prendere in mano il potere mondiale. Malgrado ciò e malgrado tutti i realismi e i pessimismi politici ed economici, non sembra oggi presuntuoso ma doveroso, nella festa dei bambini, coltivare una speranza infantile, ingenua, in ciò che verrà: Dio”.

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