Famiglia libera da tabù

“Il Sinodo è stato una grande esperienza nella quale abbiamo vissuto la collegialità” è il commento di Papa Francesco quando sull'evento riguardante la famiglia si stavano spegnendo i riflettori. “Abbiamo seminato – ha aggiunto – e continueremo a seminare con pazienza e perseveranza”. Due parole magiche che vanno ad aggiungersi al termine “umiltà” utilizzato all'inizio dei lavori sinodali come dimensione fondamentale del “saper ascoltare”, con l'aggiunta dell'immagine di un Dio che “non ha paura delle novità”, dopo che si sono scrutati attentamente “i segni dei tempi”.

L'attraversamento del guado per l'individuazione di linee specifiche in materia di famiglia richiederà ancora un anno di dibattiti e riflessione da qui alla celebrazione del Sinodo ordinario (4-25 ottobre 2015) prima di concludersi con i “discernimenti” del Papa, cioè con le sue scelte su tutti gli aspetti affrontati dall'assemblea del Sinodo per due settimane.

La Chiesa con un ritrovato coraggio “conciliare” e profetico, su formule procedurali del confronto e del dibattito, nuove e per certi versi rivoluzionarie, con la massima apertura ai vecchi e nuovi media, ha dato una dimostrazione della propria capacità di mettersi in gioco di fronte al mondo e non solo ai fedeli, vicini e lontani, e quindi anche ai non credenti, utilizzando gli strumenti mediatici e le formule democratiche della conta dei “sì” e dei “no” su vari orientamenti pastorali e dottrinali, attraverso l'unica parola latina “placet” o “non placet”, entrata prepotentemente nel vocabolario anche degli estranei alla lingua degli antichi.

La prima tappa si è conclusa con un unico grande vincitore: il Sinodo quale potente strumento di innovazione del dialogo all'interno della Chiesa e con la realtà, con tutto l'universo umano.

Tra i punti del dettagliato documento finale approvato, i numeri 52, 53 e 55, sui 62 paragrafi di cui si compone, relativi all'accesso dei divorziati risposati all'Eucaristia, alla proposta della “comunione spirituale” e alle unioni omosessuali, non hanno ottenuto la maggioranza qualificata del voto, ma solo quella relativa o assoluta. Eppure Francesco ha voluto che di questi dispositivi tutti ne prendano atto, mediante la pubblicazione, evitando in tal modo lo stralcio. Il massimo della trasparenza è stato voluto anche per quanto attiene il risultato delle singole votazioni su ogni numero della “Relatio”.

Il documento finale, la cosiddetta “Relatio Synodi”, è stato approvato da 181 padri sinodali, con qualche astensione. “Ora abbiamo ancora un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte, e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare; a dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie”. Sono le parole con le quali Francesco ha messo la parola fine ai lavori, salutate da cinque minuti di applausi che hanno, nonostante talune riserve, travalicato le mura vaticane in termine di emozione globalmente condivisa.

I problemi della famiglia restano in tutta la loro interezza. Ma è comunque cambiata l'ottica, ovvero il modo di collocarsi e di guardare ad essi della Chiesa, che come ha ripetuto Francesco non “guarda l'umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare persone”, ma di una Chiesa “che non ha paura di mangiare e bere con le prostitute e i pubblicani, che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o quelli che credono di essere perfetti”.

Papa Bergoglio, che ha assistito a tutte le sessioni, sinodali cogliendo le preoccupazioni, i suggerimenti e le resistenze soprattutto di due frange prevalenti, etichettabili come “progressiste” o “tradizionaliste”, ha comunque parlato di “tentazioni da evitare, quali l'”irrigidimento ostile” dei “tradizionalisti” e anche degli “intellettuali”, il “buonismo distruttivo” e il timore. Altre tentazioni citate quella di “trasformare le pietre in pane e il pane in pietra” di “scendere dalla croce per accontentare la gente”, piegandosi allo “spirito mondano”, infine di “trascurare il 'depositum fidei' o, all'apposto trascurare la realtà utilizzando un linguaggio di 'bizantinismi'”. Ma di queste tendenze opposte il Papa non se ne fa né scrupolo, né meraviglia dicendo che “mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni”, “se tutti fossero stati d'accordo o taciturni in una falsa e quietista pace”, definendo discussioni e risultati coerenti con una Chiesa “che non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l'olio e il vino sulle ferite degli uomini”.

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