Le vacanze di terrore e il testamento di padre Jacques

Quasi uno ogni due giorni. I gesti di violenza che han crivellato di sangue il calendario di questo luglio 2016, seminano il terrore nei luoghi più affollati delle vacanze: nel ristorante come a Dacca, sul lungomare come a Nizza, dentro un centro commerciale come a Monaco. Eppure, con la loro miscela detonatrice d’indignazione e di vendetta, rendono potenzialmente vulnerabili anche i luoghi della quotidianità più appartata, come la chiesa della Normandia dove estremisti accecati dall’odio hanno tagliato la gola ad un mite servitore del Vangelo.

Servono lucidità e insieme speranza cristiana nel riconoscere ancora una volta che in questo clima internazionale da “terza guerra mondiale a pezzi” (Papa Francesco) le uniche armi nelle nostre mani sono il dialogo e le iniziative di fraternità. Le mostrano inermi anche tanti giovani operatori di pace convenuti in una Cracovia blindata alla 31° GMG (si veda il nostro reportage).

Non rassegniamoci al “bollettino di guerra” quotidiano. Per combattere uno stato di ansia che rischia di contagiare anche la serenità estiva possiamo forse ispirarci proprio alle frasi di augurio lasciate da padre Jacques Hamel ai suoi fedeli: “La primavera è stata piuttosto fresca. Se il nostro morale è stato un po’ a terra, pazienza, alla fine l’estate arriverà. E anche il momento delle vacanze”, ha scritto ai primi di giugno in un articolo “classico” per i giornali parrocchiali, eppure sviluppato con profetica incisività: ora è il testamento spirituale di questo collaboratore pastorale di 86 anni che – come tanti preti trentini dai capelli bianchi – non voleva sentir parlare di pensione.

Prima del suo martirio davanti all’altare – avvicinabile per tanti aspetti a quello di Popielusko, Romero e altre vittime cristiana della giustizia e della fede – padre Jacques ​raccomandava la fonte della vera rigenerazione estiva. “Ci sarà chi si prenderà qualche giorno per un ritiro o un pellegrinaggio. Altri rileggeranno il Vangelo, da soli o in compagnia, come una parola che fa vivere l’oggi”.

Sottolineava quindi con animo francescano il tema del Creato (sarà al centro della prima festa estiva di Vita Trentina e Avvenire, vedi pag.2) scrivendo: “Altri potranno rigenerarsi nel grande libro della creazione, ammirando i paesaggi tanto diversi e magnifici che ci elevano e ci parlano di Dio. L’augurio è che possiamo in quei momenti sentire l’invito di Dio a prenderci cura di questo mondo, a farne, là dove viviamo, un mondo più caloroso, più umano, più fraterno.Ma nelle frasi semplici di questo “curato di campagna”, in servizio a pochi chilometri dalla parrocchia descritta da Bernanos, c’era anche l’indicazione del valore delle relazioni autentiche per un’estate arricchente: “Un tempo di incontro, con familiari e amici. Un momento per prendersi il tempo di vivere qualcosa insieme. Un momento per essere attenti agli altri, chiunque essi siano. Un tempo di condivisione. Condivisione della nostra amicizia, della nostra gioia. Condivisione del nostro aiuto ai figli, mostrando che per noi contano”.Infine la dimensione della preghiera in un’apertura globale (“Attenti a ciò che avverrà nel nostro mondo in quel momento. Preghiamo per coloro che ne hanno più bisogno, per la pace, per un migliore vivere insieme”) nel segno della misericordia “per tutti coloro che rischiano di sentirsi un po’ più soli”.Prima di augurare ai suoi parrocchiani francesi “buone vacanze” auspicava che “ci consentano di fare il pieno di gioia, di amicizia e di rigenerazione”.  

Nonostante tutto, puntare ad una vacanza così – non scacciapensieri, ma corroborante – sarà il modo di amplificare il testamento di padre Jacques e di “prendersi cura di questo mondo” che non possiamo lasciar cadere nella spirale del fanatismo diabolico e disumano.  

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