Se il capo deve imparare a lavorare

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Prendete un manager, travestitelo e mettetelo a lavorare fianco a fianco con i suoi dipendenti: questa è la semplice trama che sta alla base del racconto di Boss in incognito. L’idea nasce da un fatto di cronaca, l’apertura di un nuovo terminal della BritishAirways e i conseguenti problemi organizzativi, e dall’ipotesi di un giornalista che le criticità avrebbero potuto essere risolte se il boss della compagnia aerea avesse provato a lavorare in modo anonimo in prima linea. La provocazione piacque a Stephen Lambert, creatore e produttore televisivo inglese, che ne realizzò un format vincente.

In Italia il docu-reality, giunto alla terza edizione, va in onda il lunedì in prima serata su RaiDue ed è condotto da Flavio Insinna, che, nonostante il consueto stile sobrio ed elegante, non riesce a non far rimpiangere la stralunata e graffiante ironia di Costantino della Gherardesca.

Ogni puntata si snoda secondo una sequenza standard, che parte con la presentazione del boss e la sua trasformazione in aspirante lavoratore, protagonista di un talent show. Per giustificare la presenza delle telecamere, infatti, ai cinque dipendenti che incontrerà viene richiesto di fare da tutor e di valutare il concorrente. Al termine della settimana, il capo rivela la sua identità ai suoi sottoposti.

Il mettersi in gioco di chi sta nella stanza di bottoni, in una temporanea inversione dei ruoli, rivela non solo agli occhi dello spettatore, ma anche a quelli del boss, una realtà che troppo spesso viene ritratta con numeri, statistiche e grafici di produttività. I lavoratori conquistano un ruolo da coprotagonisti, dimostrando che a far marciare l'economia non sono solo le idee brillanti di manager e consigli di amministrazione, ma anche, e soprattutto, la loro manodopera quotidiana e silenziosa.

Il punto centrale della puntata diventa così l'incontro e il dialogo tra il boss e i dipendenti che lo affiancano provando ad insegnargli il loro mestiere. Conquistano la ribalta le storie comuni di persone semplici, che stupiscono per la voglia di raccontarsi a quello che in fondo è un perfetto sconosciuto e finiscono per conquistare il boss che, alla fine della settimana, ha sicuramente raccolto informazioni preziose per migliorare la produttività della sua azienda, ma dimostra di aver anche arricchito il suo bagaglio umano.

Non mancano colpi di scena e situazioni inaspettate, causate a volte dalla totale incompetenza del boss nel lavoro manuale, altre dal rischio di venire riconosciuto o di non resistere alla tentazione di svelarsi.

Il confronto finale, che riserva sorprese e gratificazioni per i lavoratori, rischia a tratti di scivolare su situazioni forzatamente commoventi stile “C'è posta per te”, ma lascia aperta la speranza che dopo Boss in incognito possa cambiare realmente qualcosa nei rapporti tra management e base lavorativa… o stiamo chiedendo troppo ad un reality?

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