Gesti di maternità al fianco dei malati

“Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: ‘Donna, ecco tuo figlio’! Poi disse al discepolo: ‘Ecco tua madre!” E da quell’ora il discepolo l’accolse con sè”. E’ partita da questo passo del vangelo di Giovanni (19,25-27) la profonda riflessione biblico-pastorale offerta dal delegato vescovile don Piero Rattin, in occasione dell’annuale convegno organizzato sabato 27 gennaio dalla Consulta Diocesana di Pastorale della Salute. L’incontro tenutosi all’oratorio del Duomo di Trento – come ha spiegato Carlo Tenni, presidente della Consulta della Salute era proiettato alla preparazione e all’animazione a livello parrocchiale della 26^ Giornata Mondiale del Malato, che verrà celebrata il prossimo 11 febbraio.

Don Rattin è risalito nella sua riflessione ai Padri della Chiesa che vedevano in questo brano evangelico solo la preoccupazione di Gesù, morente, di affidare sua madre ad una persona affidabile. Leggendo più in profondità si scopre però come Gesù si rivolga prima a Maria che al discepolo. Un gesto per spiegare il Suo intento di affidare qualcuno a Maria, non il contrario. Perché  la fine del Figlio coincide per Maria con l'inizio di una nuova Missione: essere madre di una maternità universale che si prende cura di tutti i discepoli: gli uomini e le donne di ogni tempo. Maria quindi anticipa e prefigura la Chiesa intera sia quella universale che quella declinata nelle piccole comunità locali.

Don Rattin riprende poi il messaggio del Papa per questa giornata che ricorda: “La comunità tutta dei discepoli è coinvolta nella vocazione materna di Maria”. Vocazione concretizzata nella vicinanza a tutte le croci. “Croci – che nota ancora don Piero – non sono mai situazioni generiche o casi – ma sempre persone concrete spesso ferite dalla vita”.

Il pomeriggio è proseguito con tre testimonianze. In particolare Paolo Rebecchi, educatore ma soprattutto papà di Matteo, ragazzo di diciotto anni con sindrome di down, referente locale dell'Associazione Italiana persone down, osservava come la sindrome di down non toglie certo la voglia di vivere e di essere protagonista.  Ha constatato come nella disabilità intellettiva sia spesso difficile comunicare i vissuti e relazionarsi con i propri coetanei. Per questo occorre una società sensibile e anche le comunità parrocchiali e le associazioni dovrebbero essere sensibili: possono aiutare molto nel favorire l'integrazione delle persone disabili.

Forte era anche la testimonianza di don Daniele Armani, giovane prete che ha raccontato di aver conosciuto la sofferenza con la morte prematura della mamma, ma anche l'esperienza dell'amore di Gesù nel 2000 durante il Giubileo della Gioventù, grazie ai gesti di condivisione con gli altri pellegrini. E infine Giampaolo Rama, referente provinciale del Gruppo Immigrazione e Salute, ha testimoniato il dolore, quotidianamente ascoltato, dei migranti, spiegando che una sanità attenta ai più deboli sia per tutti migliore.

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