Chiesa di Borgo Valsugana, nuova luce

Fortemente voluto dalla comunità, per la chiesa pievana di Borgo un lungo e impegnativo lavoro di restauro che permetterà il recupero delle superfici e delle finiture originali settecentesche

Il desiderio espresso dalla comunità di Borgo insieme al proprio parroco don Daniele Morandini di intraprendere un lungo e impegnativo lavoro di restauro, finalizzato al recupero dei colori e della luminosità originarie delle superfici interne dell’imponente chiesa pievana di Borgo Valsugana, dedicata alla nascita della Vergine Maria, esprime l’attenzione per un luogo che, storicamente, ne ha sempre rappresentato il valore identitario e rappresentativo più significativo.

I lavori attuali, concentrati nell’ambito della grande volta centinata e delle pareti verticali dell’aula, sono stati preceduti da una serie di indagini e di interventi realizzati fra luglio e dicembre 2016 nel contesto di un cantiere pilota, che ha permesso di confermare con una certa sicurezza la corrispondenza della successione stratigrafica degli intonaci e dei livelli di finitura con la documentazione conservata presso l’archivio parrocchiale e di ricostruire le fasi di trasformazione e modifica delle superfici e accertare la presenza di eventuali livelli decorati.

Gli interventi eseguiti hanno permesso di confermare l’ipotesi che la chiesa settecentesca fosse caratterizzata da una finitura omogenea e generalizzata di intonaco di calce non decorato, con inserti cromatici in marmorino limitati alla fascia orizzontale della trabeazione perimetrale e alle lesene parietali.

Sono stati individuati una serie di successivi scialbi manutentivi, pure a calce, che non hanno mai modificato l’immagine settecentesca, caratterizzata appunto da un estremo nitore delle superfici e rigore nella scelta degli elementi cromatici.

Ben riconoscibile l’intervento di Sigismondo Nardi (1903) – accuratamente documentato nel prezioso studio di Vittorio Fabris e Devid Valle, pubblicato nel 2012 – steso su uno strato di intonachino a base di calce dello spessore medio di 4/5 millimetri applicato alle finiture settecentesche. Le decorazioni del pittore marchigiano, realizzate a tempera, sono state parzialmente nascoste durante gli interventi di tinteggiatura eseguiti nel 1972. La qualità del materiale utilizzato, la sua fragilità, la difficoltà dello scoprimento sconsigliano però l’ipotesi di un totale scoprimento e rimessa in luce di questo livello.

Le lavorazioni impostate durante le varie fasi conoscitive e sperimentali nell’ambito del cantiere pilota, hanno permesso di individuare le strategie operative idonee per formulare una metodologia di restauro, che sia rigorosamente attenta alla conservazione delle superfici originali ma nel contempo circoscriva gli ambiti di spesa economica entro un perimetro sostenibile dalla comunità parrocchiale.

In pieno accordo con i funzionari della Soprintendenza provinciale per i Beni culturali nelle persone degli architetti Cecilia Betti ed Ermanno Tabarelli de Fatis e del restauratore Roberto Perini, i lavori riguarderanno il completo e accurato scoprimento e descialbo delle decorazioni plastiche del modellato in stucco, costituenti gli elementi architettonici della trabeazione perimetrale e delle cornici tardo barocche contenenti le tele e i tre grandi riquadri della volta dipinti dal Nardi.

L’intervento permetterà il recupero delle superfici e delle finiture originali settecentesche trattate, in alcuni profili orizzontali, con uno scialbo grigio, finalizzato probabilmente a rendere un “effetto pietra” delle superfici.

Per quanto riguarda, invece, le scelte relative al trattamento degli sfondati e delle ampie superfici intonacate, è stata decisa la rimozione della pellicola acrilica più recente e, previo idoneo trattamento aggrappante delle superfici stesse, la stesura di una rasatura a calce dello spessore di 1/2 millimetri cromaticamente simile all’intonaco settecentesco.

Considerata l’impossibilità di effettuare lo scoprimento integrale e il recupero delle decorazioni novecentesche del Nardi, appare convincente la scelta di privilegiare l’immagine settecentesca della chiesa che, oltre ad essere quella prevalente, è anche quella che garantisce maggiore luminosità e decoro dello spazio.

Il progetto di restauro generale delle superfici interne sarà suddiviso in tre fasi successive che prevedranno un primo intervento limitato alla navata, comprendente il restauro della grande volta lunettata, delle pareti laterali, della controfacciata e dell’arco santo. Saranno compresi il restauro degli apparati plastici in stucco, delle nicchie laterali compresa la relativa statuaria, la revisione degli intonaci e la stesura dell’intonachino a calce in corrispondenza degli sfondati.

Una seconda fase operativa riguarderà il restauro delle cappelle laterali, secondo le modalità già sperimentate e valutate nel corso del cantiere pilota. La terza fase comprenderà infine il restauro del presbiterio fino all’altezza della trabeazione.

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