Farfalle al MUSE, ali di biodiversità

Un’”esposizione”, vivente e svolazzante, di farfalle e un’altra di ortaggi tipici. Per contribuire a sensibilizzare chiunque sulla biodiversità, la gran varietà di organismi viventi presenti sul pianeta e di cui spesso l’uomo fa scempio, e non da oggi. Nella serra tropicale c’è pure la farfalla più grande del mondo. Ha un’apertura alare che può arrivare ad una trentina di centimetri, è originaria della Thailandia, vive pochissimo, tra i 3 e i 4 giorni e ha un nome inquietante, falena cobra, per via di una testa che sembra quella del rettile dal morso mortale. E non mancano quelle che, capitasse per caso di mangiarle, ingerirle inavvertitamente, sono velenose o comunque contengono sostanze tossiche, come la Cethosia e la Atrophaneura kotzebuea. Tutte coloratissime, vanno dal verde al blu, dal giallo al bianco, spesso mischiati. Uno spettacolo.

La serra tropicale del Muse (Museo delle scienze) di Trento ospita per ancora poco meno di tre settimane un bel campionario di lepidotteri arrivati da diversi allevamenti asiatici e americani. In forma di crisalidi, poi schiusesi in serra approfittando del caldo, ognuna delle quali è costata al massimo 3 euro. Una vera e propria oasi, completa di nursery, ricca, nell’arco delle tre settimane, di circa 1300 esemplari di 14 specie diverse. Pure con il “bar”, così è stato chiamato, dove vanno ad alimentarsi, a base di frutta matura e fiori recisi.

E’ un’iniziativa, insieme ad altre, per sensibilizzare alla biodiversità le cui giornate clou, promosse dalla Provincia di Trento, si sono svolte sabato 20 e domenica 21 maggio.

Vivono poco, le farfalle, a seconda della specie tra la settimana e il mese e mezzo. Per quelle arrivate in serra (la “mostra” volante a cui hanno dato corpo), il Muse ha collaborato con il Parco natura viva di Bussolengo, in provincia di Verona e con l’associazione “Farfalle nella testa”. E tra le tante presenti “una buona parte”, riferiscono al museo, proviene dal Costa Rica, grazie al progetto di conservazione “El Bosque Nuevo” che consiste nella salvaguardia di questi insetti, tramite allevamento, “per salvare la foresta tropicale”.

Nella zona degli orti (compreso il frutteto sono 2000 metri quadri), anche in questo caso per poco meno di tre settimane, sono piantati, in una decina di aiuole, gli ortaggi tipici di diverse regioni italiane. Dal piemontese “peperone quadrato d’Asti” alla “zucca beretta piacentina”, dagli “agretti del Lazio” alle “zucchino serpente”, tipico della Sicilia. Ma non mancano altre varietà che vanno a condire e far parte delle tradizioni culinarie dello stivale, dalla ciuiga del Banale alla ribollita toscana fino alla calabrese ‘nduja di Spilinga.

Un progetto europeo, il “Let it grow”, con questi orti per così dire speciali, al quale il Muse aderisce da tempo. Sempre con obiettivo la salvaguardia e la sensibilizzazione della biodiversità di specie animali e vegetali. E che riguarda, anche, le tradizioni culinarie.

Il Muse è aperto dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18, sabato, domenica e festivi fino alle 19. Per info: www.muse.it.

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