I pendolari della cartella

Si alzano che è ancora notte fonda. Vanno a scuola lontano da casa

Ponciach di Faver – Si alzano che è ancora notte fonda. Vanno a scuola lontano da casa e tornano in famiglia, stanchi morti, a pomeriggio inoltrato.

Diritto allo studio, certo. Ma a che prezzo!

Chissà se i ragazzi di città sono consapevoli del privilegio che vivono tutti i giorni. Hanno la scuola a due passi da casa, si alzano all’ultimo minuto, hanno a disposizione biblioteche, cinema, occasioni di svago a “chilometri zero”.

Ben diversa la situazione dei loro coetanei nelle valli. La Val di Cembra, per esempio.

Dei 736 ragazzi che fanno riferimento all’Istituto Comprensivo di Cembra, 412 sono costretti ogni mattina ad alzarsi prima degli altri, a prendere un pullmino, o lo scuolabus, per arrivare puntuali a lezione. Si tratta di alunni delle elementari (o scuola primaria) che fanno riferimento alle strutture di Segonzano, Cembra, Sover, Lases, Faver e Giovo (467 scolari in 33 classi). Sono 269 gli studenti delle medie che frequentano la scuola secondaria di 1° grado a Segonzano, Cembra e Verla di Giovo.

In particolare, usufruiscono del trasporto pubblico da e per la scuola: 85 alunni del neonato comune di Altavalle (Faver, Valda, Grumes e Grauno); 60 di Cembra-Lisignago; 153 nel comune di Giovo che, oltre a Verla (capoluogo), è formato dagli abitati di Ceola, Masen, Maso Belvedere, Maso Franch, Maso Pomarolli, Maso Roncador, Maso Toldin, Mosana, Palù, Serci, Valternigo e Ville.

Quanto a Lona-Lases, i giovani pendolari sono 33; a Segonzano, che ha 16 frazioni, gli scuolabus trasportano 52 alunni; a Sover, con 9 frazioni, i bambini che utilizzano il pullmino per andare a scuola sono 29.

Ad Albiano, che fa riferimento all’Istituto comprensivo di Civezzano, i pendolari sono 19 su 76 alle elementari; 8 su 51 alla scuola media.

Dal conteggio sono esclusi gli studenti delle scuole superiori i quali devono alzarsi prima degli altri perché le loro mete sono Trento, San Michele all’Adige, Tesero (istituto per cuochi e per falegnami).

Quattro ragazzi, tra i più disagiati, vivono a Ponciach.

Si alzano alle 5 e mezza, alle 6.12 arriva un pullmino dei fratelli Monauni di Giovo che li trasferisce a Faver. Qui aspettano il pullman per Trento, San Michele o la Val di Fiemme.

Ponciach è un villaggio di montagna (1050 m) del comune di Altavalle. Dall’abitato di Faver, una ripida strada si inerpica per due chilometri tagliando in diagonale la montagna e poi si inoltra, in falso piano, per altri 800 metri, nella valle del rio Faorine. Nell’anfiteatro, incassato fra il monte Pincaldo (1351 m) e il Castion (1528 m), vivono 47 persone. Gli edifici sono 33: uno fabbricato negli anni Cinquanta del secolo scorso, sei fra il 1960 e il 1970, 19 nel decennio 1971-80; altri quattro in epoca successiva.

“Cominciò mio suocero dopo che era stato emigrante in Belgio”, spiega Renata Magnabosco, 44 anni, titolare, col marito Rocco, dell’Agritur della “Gens Paolazzi”. Erano gli anni Cinquanta. Costruì la casa con annessi 10 posti letto per i villeggianti. Poi arrivarono da Bolzano tre ufficiali dell’esercito, invitati qui da alcuni ragazzi di Faver che erano stati chiamati sotto le armi in Alto Adige. Diffusero la voce che il terreno costava 5 lire al metro e in un baleno gli uomini con le stellette invasero Ponchiach. Acquistarono i lotti e costruirono alcune case lungo un viottolo che oggi è chiamato “Via Bolzano”. Fu pure fabbricato un albergo. Altri, ex emigrati di Faver in Belgio, vi costruirono la loro casa di vacanza”.

La bèlle Epoque di Ponciach, come villaggio turistico estivo, è durata una ventina d’anni. Sul finire del secolo talune abitazioni passarono di proprietà e arrivarono nuove famiglie. Certo: pace, relax, telefono cellulare a singhiozzo, aria fresca d’estate, neve ghiacciata d’inverno. Ma per i ragazzi, in età scolastica; per i giovani, non ancora patentati, l’isolamento costa fatica.

Ancora Renata Magnabosco: “Il declino è cominciato negli anni Novanta. Un calo dovuto al fatto che tutti volevano il lavoro in città, la scuola vicina, alcune comodità che, evidentemente, qui non ci sono. Tuttavia, il sabato e la domenica qui c’era sempre gente. Poi è accaduto che i vecchi che avevano fabbricato la casa hanno venduto.

In via Bolzano, per esempio, non è rimasto nessuno di coloro che erano arrivati dall’Alto Adige, tranne una sola persona. C’è stato un cambio di generazioni. Adesso la comunità è stabile”.

A Ponciach ha sede anche “Valle aperta” Sorta nel 1983 per iniziativa del compianto padre Fabrizio Forti, l’Associazione opera nell’ambito della diversità e del disagio psichico. Per dirla con Fiorella Mannoia (al Festival di Sanremo): “Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta”. In questo caso a Ponciach.

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