“Bisogna crederci per essere Chiesa oggi”

I nodi aperti: parla il vicario di zona don Dario Silvello: “Inauguriamo questa formula con speranza e legittima trepidazione”

Sarà la prima delle zone pastorali a inaugurare il percorso delle otto assemblee che dal 22 settembre a metà novembre si tengono alla presenza dell’Arcivescovo Lauro Tisi: Per l’Alto Garda e Ledro, che comprende Arco e Valle dei Laghi, partiamo con una panoramica del vicario di zona don Dario Silvello, che ci aiuta a comprendere le caratteristiche  e le peculiarità.

Don Dario, come si presenta in tratti essenziali la zona pastorale?

“La zona dell’Alto Garda – chiamiamola così anche se il nome potrebbe essere cambiato – presenta un territorio complesso e articolato, non certo omogeneo né dal punto di vista orografico né da quello sociale. I tre ex decanati che la compongono (Calavino con i suoi circa 12.000 abitanti), Arco (oltre 20.000) e Riva Ledro (26.000), hanno un bacino di circa 58.000 abitanti residenti. Ma non è questo che rende la zona complessa, pensiamo al vissuto quotidiano della nostra gente: la realtà soprattutto agricola e terziaria della zona del Basso Sarca e della Valle di Cavedine; la realtà arcense: grande polo sanitario ma anche industriale e tecnico; la realtà della costiera gardesana con la fortissima vocazione turistica e la realtà della valle di Ledro, particolare, con una significativa caratterizzazione e polarizzazione locale. Si tratta quindi di una realtà che presenta molte sfaccettature, ciascuna delle quali presenta i suoi aspetti positivi e i suoi limiti”.

Come cambierà la situazione con la trasformazione dei decanati in zone pastorali più ampie?

“Credo che non cambierà granché. Il presbiterio locale, ormai da due anni, vive l’esperienza della comunione ecclesiale e del confronto pastorale. Attualmente sono presenti undici parroci e due vicari parrocchiali, significativa è la presenza di alcuni sacerdoti collaboratori e forte è ancora la presenza dei religiosi, che hanno sul territorio, in particolare la zona arcense, case di riposo. Ancora significativa è la presenza francescana e la presenza silenziosa del monastero delle servite in Arco. Tra noi parroci gli incontri pastorali e i momenti di preghiera e di ritiro sono ormai tradizione vissuta e apprezzata. Spero che le comunità questo lo sappiano e lo accolgano come gesto importante. La realtà decanato è ormai superata dalla realtà, non solo dalla mancanza di sacerdoti. Pensiamo a una realtà che ha fatto implodere le stesse parrocchie: la mobilità; essa ha fatto implodere anche il decanato. La gente si sposta, va, se interessata si muove volentieri, capisco invece la fascia significativa del mondo degli anziani, legati a una storia e una formazione religiosa fortemente ancorata al campanile. Un’eredità preziosa che non possiamo disperdere, ma che non possiamo conservare tale e quale con la mentalità del si è sempre fatto così, che non può reggere, si deve prendere il buono che c’è ma non restarne ancorati a tutti i costi”.

Quali sono, secondo lei, i punti di forza della nuova zona pastorale e quali quelli su cui si deve migliorare?

“Il punto di forza fondamentale è quello di crederci. Non sono il Vescovo o la Curia a dover dare indicazioni su come essere Chiesa oggi; sono le singole comunità chiamate a interrogarsi, e questo è il senso primario dei consigli pastorali parrocchiali, consigli delle unità pastorali o dei consigli pastorali interparrocchiali. Una fede vissuta e trasmessa dall’altare, calata nel quotidiano, è il punto di svolta nodale per il futuro delle nostre comunità. E’ fondamentale l’unione di intenti e di condivisione del presbiterio locale e del consiglio pastorale della zona che dovranno essere stimolo verso il cammino di comunione che dovrà essere sempre più accentuato. Altro punto di è la fiducia: non possiamo aver paura del nostro oggi, non siamo abbandonati a noi stessi. E’ importante il gioco di squadra. all’interno degli organismi della zona pastorale o delle singole parrocchie o unità pastorali. Penso si debba migliorare dal punto di vista che nessuno possa più considerarsi membro di una piccola realtà, dove è bello stare insieme ci si conosce – o così dovrebbe essere – penso a quel credo la Chiesa una che non per niente è la prima delle quattro note ecclesiali del Credo. Al primo posto, non per sbaglio, ma per sostanza”.

Pensando ai giovani, progetti per il loro coinvolgimento e la formazione?

“Non credo che dobbiamo pensare solo ai giovani, ma anche alle famiglie, entrambi non sono un problema ma una ricchezza. E’ certo che il nostro linguaggio, il nostro celebrare, il nostro stesso essere comunità sono ormai lontani anni luce dal loro mondo reale, spesso anche virtuale (dove la Chiesa non entra e non c’entra). Le nostre comunità sono chiamate ad interrogarsi e a saper offrire proposte che non tradiscano il senso del loro esserci ma lo sappiano declinare in questo mondo. Non si tratta forse di dare risposte, ma di esserci. E questo non è compito dell’equipe di pastorale giovanile guidata dal vicario parrocchiale e supportata da due religiose e da alcuni giovani; neppure è responsabilità delle equipe di formazione dei percorsi attivati in preparazione al matrimonio o alle iniziative di gruppi, associazioni o movimenti ecclesiali. E’ tutta la chiesa locale che deve attivarsi. non basta avere la messa in parrocchia per dire di essere Chiesa: è chiesto ben altro e di più”.

Don Dario, ci lascia un pensiero in vista dell’assemblea?

“Credo si tratti di un punto di svolta. Il Vescovo che entra nel vissuto della zona, ascolta le problematiche, condivide le attese e le speranze, si confronta con i laici, offre ascolto ai non credenti, ai suoi preti, religiosi, religiose, fratelli e sorelle nella fede: mi sembra un bel segno. E’ quel pastore tanto caro a papa Francesco, ma soprattutto a Gesù, che conosce le sue pecore e le conosce per nome”.

“Inauguriamo questa formula con speranza e legittima trepidazione” conclude don Dario Silvello,  “così come inaugurammo la celebrazione animata dalle zone pastorali, con la festa della dedicazione della cattedrale dello scorso anno. Quello è stato per noi un ottimo punto di partenza, auguro che sia lo stesso per le altre zone pastorali”.

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