Davanti allo specchio, una figura in bianco e nero

Ci sono emozioni “in bianco e nero” che chiedono di essere raccontate. Lo ha fatto lo scrittore Stefano Borile che, venerdì scorso, ha presentato a Caldonazzo il testo teatrale “Polpette – Un viaggio nel mondo dell’anoressia”.

Aiutato dalla voce di Elena Libardi e dalla fisarmonica di Tiziano Montibeller, Borile ha messo in scena la storia di una ragazza conosciuta anni fa che è riuscita a sconfiggere un “nemico invisibile”: l’anoressia. Un disturbo alimentare che, assieme alla bulimia, rappresenta la prima causa di morte per malattia delle ragazze tra i 12 ed i 25 anni, e che ha colpito 200 mila donne nel nostro Paese, secondo dati del 2016. Il 95,9% delle persone colpite da disturbi alimentari è infatti costituito da ragazze e donne anche se, come ha ricordato Elisabetta Wolf, vicesindaca del comune di Caldonazzo con competenza alle politiche sociali, gli uomini stanno cominciando a soffrirne sempre di più. I DA, inoltre, coinvolgono sempre più bambini e pre-adolescenti.

Il racconto, scritto lo scorso anno, comincia con un piatto vuoto ed i ricordi del medico che ha aiutato Elisa ad uscire dalla malattia. Elisa aveva apparentemente tutto ciò che le serviva per essere felice: dei bei lineamenti, una famiglia presente, molti amici e tanta voglia di studiare. Ciononostante, non è riuscita a resistere alla tentazione di “distruggersi”.

È Elisa in prima persona – le ha prestato la voce Elena Libardi – a raccontare la lotta con se stessa in cui, per vincere, ha avuto bisogno di tutta se stessa. Una sfida contro le voci che affollavano la sua testa: la paura di arrivare tardi agli appuntamenti della vita, le immagini di donne artificialmente perfette nei giornali e trasmesse alla televisione e la voglia di essere diversa.

Il vomito la fa sentire adulta, responsabile. L’anoressia la divora giorno e notte, prendendola, pezzo dopo pezzo. Elisa diffida di qualsiasi cosa di possa mangiare, ma non si rende conto di come, piano piano, il pensiero del cibo le abbia invaso la mente. Ci sono dei momenti in cui una voce “diversa” le parla: una preghiera, quasi, che le supplica di ricordarsi che “la perfezione è un sentimento che non sempre porta serenità” e che è necessario accettarsi. Ma questa voce è sempre sostituita dall’altra, la sua antagonista, che la mette di fronte a quella “perfezione che il mondo chiede per essere acclamati”.

Finalmente arriva il momento in cui lo specchio le restituisce la sua immagine reale: una figura “triste, magra e in bianco e nero”. Elisa riesce finalmente a chiedere aiuto, ed ecco che entra nello studio di quel medico che è la voce narrante del testo teatrale. Un ingresso incerto, perché la ragazza combatte sempre tra le due parti di sé: quella che ama la vita e si sente umiliata e l’altra, rinchiusa in se stessa e pronta a tutto pur di raggiungere scopi folli.

Il medico, interpretato da Borile, l’aiuta a combattere questo nemico invisibile che nel disturbo alimentare ha “solo” trovato una valvola di sfogo, ma che, in realtà, ha radici molto più lontane e complesse, psicologiche e biologiche, a cui si aggiunge l’immagine che, ogni giorno, passa della “donna perfetta”: “quella magra, che sta bene in qualsiasi vestito”. Quella con cui poi, facilmente, ci si confronta.

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