In laboratorio una santa allegrezza

Era partito dalla sua Val di Rabbi da ragazzo. Ultimo dei figli, si chiamava Decimo, secondo l’ordine di nascita. Suo fratello Oreste era già entrato in seminario a Trento. Gli altri Guarnieri, nel frattempo, si sono sparpagliati in regione generando una parentela da far invidia ad Abramo. Tra i tanti si annovera il nipote don Tarcisio. Fratel Decimo Guarnieri era nato il 31 dicembre 1938. Diceva di non essere un campione nello studio e pertanto il suo obiettivo era di diventare “frate da cerca”, come se ne vedevano un tempo tra i Cappuccini. Frati semplici che andavano di casa in casa a chiedere un po’ di carità, frati molto amati dalla gente.

Decimo segue però le orme di un altro solandro autentico, fratel Emanuele Stablum di Terzolas, religioso medico, servo di Dio, giusto tra le nazioni (1895-1950). Entra quindi nella comunità fondata dal beato Luigi Monti e frequenta le scuole superiori. Non ha ambizioni di carriera, ma il suo carattere è roccioso, che vuol dire tenace e generoso insieme. Decide di assumere nella sua vita i consigli evangelici di castità povertà ed obbedienza, vivendo la vita fraterna in comunità.

Il 1° ottobre 1962 fa professione definitiva dei voti. Decide che la sua strada sarà per sempre quella di laico consacrato e confesserà di averlo fatto in piena libertà, trovando grande rispetto da parte dei familiari.

I responsabili della Congregazione gli chiedono di studiare chimica industriale all’Università di Roma, con l’obiettivo di inserirlo poi nella “IDI farmaceutici”, l’azienda di Pomezia che produce medicinali e cosmetici di qualità. Si trattava del comparto industriale dell’ospedale dermatologico IDI di Roma, che nei decenni del Novecento era cresciuto diventando un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico.

Oltre a Stablum, un altro trentino era stato tra i pionieri di quell’opera, fratel Luigi Zamperetti (1908-1991) primo farmacista della Congregazione; seguiti poi da un altro solandro, fratel Paolo Ruatti (1940-2017) illustre dermatologo e rettore dell’Università Cattolica a Tirana. Come si può notare, si è trattato di una storia centenaria di scienza, tradizione e carità nel campo della salute.

Supera il primo esame e capisce che può andare avanti spedito. Siamo negli anni attorno al ’68 e Decimo – trentino a Roma – subisce l’impatto di una nuova cultura giovanile. Contesta il convento affinché sia luogo di vera testimonianza, ma non cederà alle lusinghe di facili rivoluzioni. Dopo la laurea, nel 1971, fratel Decimo entra nella struttura produttiva, divenendone presto direttore. Saranno anni di grande attività, ma le sue vacanze hanno sempre la medesima meta, l’Africa, a sostenere qualche opera missionaria, lavorando con le sue mani. Conosce i Focolarini di Chiara Lubich e partecipa al loro carisma di unità. Più recentemente si era laureato anche in farmacia, divenendo responsabile della farmacia dell’IDI, sita a Roma in Via Monti di creta.

Di carattere esuberante Decimo è un trascinatore. Trascorre il tempo libero nell’Oratorio della sua città di residenza e promuove un gruppo per la spedizione di aiuti alle missioni. In Val di Rabbi ospita spesso i confratelli nella casa paterna in località La Val, fiero delle sue origini e delle sue montagne. Sul piano professionale consegue brillanti risultati, ma si dedica anche a produrre farmaci per chi ha una malattia rara, indifferente alla logica economica.

La lunga malattia degli ultimi anni lo ha visto pazientemente assistito dai suoi confratelli e dal personale dell’Istituto Villa S. Margherita di Montefiascone (Viterbo), dove è deceduto il 1° ottobre, nella stessa data della morte del suo Beato Fondatore. Di fratel Decimo si ricorda anche il vigore nel gioco del calcio e la barzelletta sempre pronta, nonché qualche ardita manovra automobilistica nei vicoli di Roma. Di personalità semplice e spontanea aveva una vita spirituale senza fronzoli, caratterizzata da una speciale devozione alla Madonna, che andava ad incontrare nei santuari, portando con sé amici e conoscenti. È sepolto al Campo Verano, nella più antica tomba della Congregazione.

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