Affitto o compravendita (di una persona)?

Presentano motivi validi alcune isolate voci pro maternità surrogata? Emerge, in Italia, l'apprezzamento di Umberto Veronesi, noto oncologo. Niki Vendola si è avvalso della impegnativa maternità surrogata per realizzare il suo desiderio di essere padre. E' stato criticato politicamente per tradimento e strumentalizzazione del proletariato. Si difende assicurando che si è trattato di un prestito gratuito.

“Affitto è locazione a tempo determinato e dietro pagamento di un locale”. In questo nostro caso, però, non si tratta di un fondo rustico o di un immobile. Non qualcosa di esterno, bensì di intimo, di vivo, di generante. E' vero: nella maternità surrogata l'ovocito, cioè la cellula germinale femminile, proviene da ovario di altra donna e quindi non è l’utero in affitto che partecipa al Dna del nascituro.

Tuttavia, istante per istante, nove mesi di seguito, la “madre in affitto” nutre del proprio sangue e delle proprie emozioni il nascituro. La cicogna della leggenda porta un fagottino esterno sostenendolo con il suo becco, ma la “madre di pancia” il fagottino lo tiene dentro, a nutrirsi di lei. Il bimbo nascerà con una carne e una storia emotiva nutrite anche da questo surrogato di madre. Appare ben più di un'opera d'artista o del prodotto di un professionista suscettibili di commissione.

Non è come affidare la propria effigie ad uno specchio, ad una foto, ad una pozzanghera, direbbe forse Bersani. Non è un feto da abortire, non è una ovulazione da smaltire, non è come difendersi dagli effetti dello sperma di un compagno occasionale.

La maternità surrogata, come contratto, appare più spietata di una mezzadria. Almeno il mezzadro conservava metà del prodotto. La maternità surrogata viene totalmente espropriata. A tal punto che i "committenti" possono rifiutare il “prodotto” se presenta anomalie.

Michela Murgia, citata da Massimo Borghesi, una scrittrice pur favorevole alla regolamentazione della pratica, ammette onestamente che la “legislazione americana degli stati in cui è consentita la Gestazione per altri non offre alcuna garanzia che questo non accada, a partire dal fatto che consente cose, come la scelta del sesso, e soprattutto perché afferma che il figlio appartiene ai committenti sin dall'impianto nell'utero della gestante, ridotta in questo modo a mero contenitore”. Al contrario, la scrittrice vorrebbe che la gestante avesse il diritto di rifiutare di abortire e persino di decidere alla nascita di tenersi il bambino come proprio. “Altrimenti la donna finisce per essere considerata un contenitore. Ma è esattamente questo che l'industrializzazione della gestazione esige. Ed è il nucleo fondante del contratto. Pretendere che i committenti rinuncino al diritto di decidere su ciò che considerano un prodotto acquistato è la negazione radicale di tutta l'operazione”. (Vita, 28 gennaio 2016).

Da chi il bimbo? Per chi la gestazione? e me stessa nel nulla!

Ospitare una ovulazione fecondata e gestire una crescita di nove mesi, spesso con il patto – nei casi di coppia committente eterosessuale – dell’ignota destinazione. In tal caso, la “madre cicogna” non saprà mai dove, come, con chi vive il figlio. Il figlio non dovrà mai conoscere la madre. Più umano il caso di coppia gay, dove non esiste una madre in attesa con possibili e angoscianti scatti di gelosia. Almeno il futuro bambino di due padri sa sempre chi è la madre di pancia e potrà a suo tempo vederla come… una zia.

Tuttavia anche se questa accusa di compravendita ci rende meno disponibili e comprensivi verso la madre surrogante-cicogna-di pancia tuttavia non possiamo esimerci dal "Chi sono io per giudicare" .

Infatti possiamo sempre dare l'onore delle armi quando, nel mistero del cuore umano, talvolta la maternità surrogata è una disponibilità gratuita per vivere almeno in parte la maternità o per solidarietà verso persona cara.

Ritanna Armeni, esponente storica della sinistra: “In linea di massima sono d'accordo con ciò che parte del movimento delle donne oggi dice, cioè che l'affitto dell'utero è profondamente ingiusto, perché tu compri il corpo di una donna per diventare genitore tu stesso. Mi stupisce l'assenza di limite in coppie che ricorrono a questa pratica, in gran parte eterosessuali, vogliono avere tutto. Pretendono un figlio in un certo modo, di averlo senza perdere nove mesi di lavoro… naturalmente tra persone molto ricche. Sotto sotto c'è la stessa filosofia di vita per cui molte donne nella nostra società hanno adottato il cesareo: è più pratico. A volte per rivincita. Donne cresciute in famiglie allargate o spezzate che hanno sperimentato sulla propria pelle la differenza tra maternità naturale e maternità affettiva e che magari hanno asciugato le lacrime di amiche e sorelle che volevano una famiglia e non riuscivano ad averla”.

Giovanni Belardelli (Corriere della Sera, 11 marzo 2016) lo ammetterebbe anche a livello legale. “L'unico caso in cui è lecito supporre, senza bisogno di poco verificabili autocertificazioni, che una donna si presti alla gestazione per altri mossa da motivi non venali è quello di colei che lo fa per una sorella o una figlia”.

Rimanendo all'interno della nostra comprensione umana potremmo comprendere altre sensibilità e sofferenze che inducano all'affitto? Pietà per una donna che ha le ovaie, ma non ha l'utero e chiede aiuto? Una urgenza economica drammatica per sé o per la famiglia? Un modo per superare un periodo di solitudine? Un bisogno di socializzare, rendersi utile, restare in contatto? Solidarietà, magari ideologica, per gli omosessuali? Vivere l'esperienza di dare alla luce un figlio benché il contesto non consenta di tenerlo? Bisogno di restare libera: di portarlo alla luce senza l'obbligo ansiogeno di crescerlo?

Misteri dei cuori umani. “Chi sono io per giudicare”. Già individuare il confine tra bene e male oggettivamente è arduo.

Il soggettivo, il cuore appartiene al mondo del mistero. Ognuno di noi può comprendere e dare un aiuto se richiesto. La legge, man mano maturata, può dare contenimento a fragilità che diventano distruttive, e protezione da devianze di sfruttamento. Dialoghiamo nella diversità. La comprensione empatica e la presenza aiuta più delle opposte condanne.

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