Governo: avanti in attesa degli eventi

Il presidente del Consiglio sta cercando di darsi un tono come elemento chiave nella guida del governo e fa capire di avere dietro l’autorità di Mattarella

Sono passati anche i ballottaggi e dunque la grande tornata elettorale dovrebbe essersi chiusa. Ci sono ancora scampoli: elezioni comunali in Sardegna nella prossima settimana, poi le regionali in Emilia Romagna e Calabria nel tardo autunno (ammesso che non le posticipino un po’). Resta ovviamente l’incognita di un possibile scioglimento anticipato della legislatura che al momento viene respinto da Conte, Salvini e Di Maio, ma si sa che fino a metà luglio è una soluzione tecnicamente impossibile, poi si vedrà.

Il risultato dei ballottaggi ha premiato la Lega pur in alleanza col centrodestra, ma chiaramente padrona delle coalizioni. Salvini ha ottenuto risultati di immagine espugnando antiche roccaforti della sinistra e confermandosi in altri contesti. Il PD ha tenuto, per lo più in alcuni dei suoi insediamenti storici, ma rimane lontano da percentuali che possano farlo considerare una alternativa alla destra a livello nazionale. I Cinque Stelle hanno confermato il loro drastico ridimensionamento, essendo ridotti ad un partito di “governativi” che si godono i frutti del voto del marzo 2018, ma che sono senza radicamento territoriale.

E’ un quadro che dovrebbe impattare sul governo, anche se non esattamente nei termini che alcuni immaginavano. Salvini si muove con una certa cautela nello sfruttare il suo momento d’oro: sa che ha bisogno di consolidarsi portando a casa dei risultati e quello può farlo solo rimanendo al governo. I risultati elettorali gli consentono oggi di tenere al guinzaglio Di Maio che ormai è d’accordo su tutto. Il problema potrebbe essere Conte, ma fino ad un certo punto.

Il presidente del Consiglio sta cercando di darsi un tono come elemento chiave nella guida del governo e fa capire di avere dietro l’autorità di Mattarella (ma non è così: il Presidente non vuole farsi ingabbiare in dispute di partito). Arriva a minacciare di staccare lui la spina al suo esecutivo, ma sa benissimo che è una minaccia a vuoto perché anche per lui valgono i limiti a cui abbiamo già fatto cenno. Senza dubbio Conte sta trovando appoggi in una parte dei ceti dirigenti che non vogliono rotture con la UE perché sanno benissimo che sarebbero disastrose, ma non ha la forza per tenere veramente a bada i suoi due vice. Così ci si limita ad una sceneggiata con cui da un lato si ribadisce che non si romperà con Bruxelles, ma dall’altro ci si affretta subito a precisare che non si rinuncerà alla riforma fiscale e ad altre riforme che hanno comportato e comportano spesa.

E’ il classico paradosso della botte piena e della moglie ubriaca: proprio in questi giorni anche il comitato tecnico dell’Ecofin ha ribadito le perplessità della Commissione circa la tenuta dei conti italiani. Così siamo alla rappresentazione consueta: Conte e Tria che avvertono che non si può tirare troppo la corda, Salvini che in fondo abbozza, ma a parole attacca i poteri di Bruxelles.

Intanto il governo va avanti, perché al leader leghista preme far passare una serie di suoi provvedimenti e sa che Di Maio lo sosterrà. Il capo Cinque Stelle non ha alternative, perché se rompe e fa cadere il governo va ad una prova elettorale da cui esce con ogni probabilità massacrato, mentre ha capito che Salvini in cambio del suo appoggio è disponibile a lasciargli portare a casa un po’ di provvedimenti innocui, ma di immagine, come il salario minimo, il taglio dei parlamentari e altra roba simile.

Intendiamoci: tutti questi provvedimenti sono per la maggior parte dei testi che devono rinviare a decreti attuativi e ad altri atti per diventare efficaci e sappiamo già che sono strade lunghe e impervie lungo le quali si perdono molti dettagli (e che comunque arriveranno quando arriveranno).

Intanto la politica italiana continua ad avanzare zoppicando. Contemporaneamente ai negoziati sul debito in sede europea ci saranno quelli per decidere i posti di vertice e i componenti della nuova Commissione. Anche qui una situazione confusa come quella che sta vivendo il nostro governo non aiuterà. Vediamo sui giornali buttare lì nomi a caso, senza tenere in minimo conto che le nomine per la Commissione devono essere validate dal parlamento europeo. Così, per esempio, pensiamo che se ci si ricorda di quel che accadde a Buttiglione, bocciato in quel passaggio, non sarebbe proprio il caso di candidare uno come il ministro per la famiglia Fontana che si porta sulle spalle l’organizzazione della manifestazione di Verona.

E’ vero che i nomi al momento sono illazioni dei giornalisti, che spesso li buttano lì, ma in un momento delicato come questo sarebbe bene che il governo e i suoi membri si muovessero con grande cautela.

Paolo Pombeni

Intanto la politica italiana continua ad avanzare zoppicando. Contemporaneamente ai negoziati sul debito in sede europea ci saranno quelli per decidere i posti di vertice e i componenti della nuova Commissione.

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