“Situazione disarmante”

Come in tutto il Trentino, anche in valle dei Laghi, l'annata apistica si sta rivelando una delle più disastrose degli ultimi decenni]

[Un grande progetto di sviluppo unificato dell’apicoltura trentina per “gestire momenti di emergenza come l’attuale”: la proposta è del dirigente veterinario altogardesano Franco Gatti

L’assillante rumore di fondo che impedisce all’apicoltura trentina di dormire sonni tranquilli, stavolta, non si chiama “varroa”. L’annata apistica 2014 si sta rivelando una delle più disastrose degli ultimi decenni – qualcuno non esita a conteggiarne almeno cinque e colloca l’ultimo anno nero nel 1974 – indistintamente al nord della nostra penisola e il Trentino non fa eccezione.

All’esigua e desolante produzione di miele si va sommando un gravissimo stato di affamamento degli alveari e il loro cagionevole sviluppo. Questo fenomeno dannoso basterebbe a scatenare morie protratte se le api dovessero stentare ad affrontare lo svernamento ricostituendo le scorte di nettare e di polline. Il controllo dell’acaro della “varroa destructor” mediante un piano di lotta elaborato nel 2012 dai tecnologi della Fondazione Edmund Mach a fianco del Servizio veterinario provinciale è fattibile con l’applicazione di acidi organici ma pure scabroso poiché ad oggi impossibile annientare il parassita una volta insediatosi negli apiari.

In particolar modo quest’anno, soltanto le colonie di insetti sani e robusti riusciranno a superare l’inverno. Comunque, l’avversario numero uno sarebbe il maltempo imperversato nei mesi scorsi. Ha decimato la produzione lasciando a terra le api con effetti a catena sulle produzioni mellifere. “Siamo in una situazione disarmate nata dall’andamento climatico anomalo di quest’anno con un lungo periodo di piogge e temperature al di sotto della media che hanno già provocato cali di produzione di almeno il 70 per cento”, rileva il dirigente veterinario Franco Gatti.

Danni ingenti si registrano nel raccolto di miele d’acacia con quantitativi pressoché nulli. Anche i mieli di tiglio, castagno e rododendro non se la cavano meglio. E i prezzi al dettaglio sono già schizzati a un più 40 % rispetto allo scorso anno. Le vendite restano al palo considerato che, nonostante la tenuta della domanda, le forniture sono saltate. “Il nostro miele è esaurito da maggio e noi dell’Associazione apicoltori trentini non abbiamo più vasetti da consegnare alla grande distribuzione organizzata. Fino all’anno scorso ne avevamo 39 quintali”, precisa con voce rammaricata il contabile Valentino Prosser.

Impotenti gli apicoltori della Valle dei Laghi come del resto altrove. Tra loro, Cristiano Zambotti teme gli strascichi di quest’annata, “la peggiore che abbia mai conosciuto”, mentre Dennis Bolognani di Vigo Cavedine accusa pesanti perdite di pappa reale, polline fresco e propoli. Persi due nuclei in un batter di ciglio, all’apicoltura biologica di Vezzano mettono in conto danni maggiori del previsto, non meglio quantificabili prima di marzo-aprile. Elevate le probabilità di distruzione delle covate e caduta in uno stato di torpore degli alveari (mediamente dodici per ogni apicoltore trentino) durante la stagione fredda.

“Gli apicoltori meno esperti e poco attenti al nutrimento di supporto, da fare con preparati glucosici specifici, saranno quelli più a rischio”, afferma il dottor Gatti, che precisa: “Allevare api in annate come questa richiede competenze decisamente superiori alla media e farà selezione tra gli allevatori”. Replica Marco Facchinelli, al vertice di un’associazione di 260 apicoltori trentini, immobile nel riporre le speranze in là nel tempo: “In questo momento la moria è contenuta, ma sono molto preoccupato per due motivi: commercialmente, perché non siamo in grado di assecondare la domanda di miele; tecnicamente, per le perdite che potranno esserci a breve negli apiari sottonutriti laddove non si è intervenuti in tempo”.

C’è pure un altro aspetto, richiamato da Gatti: quello floreale, le cui specie vivono in simbiosi con gli insetti polliniferi. Nello scongiurare uno scenario estremo al pari di quello profetizzato da Einstein – “se l’ape scomparisse dalla Terra, all’umanità resterebbero quattro anni di vita” – il veterinario altogardesano vedrebbe con favore la nascita di un grande progetto di sviluppo unificato dell’apicoltura trentina per “gestire momenti di emergenza come l’attuale e sicuramente più utile di tante sovvenzioni provinciali estemporanee”.

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