Contro i mercanti di morte

Papa Bergoglio ha denunciato più volte il traffico d’armi, che alimenta “la terza guerra mondiale a pezzi”

Da L'Avana a Washington, da New York a Filadelfia, nel suo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti d'America Papa Francesco ha offerto l'immagine di una Chiesa che esce dai suoi templi per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione, sostenere la speranza. Parlando al Congresso degli Stati Uniti – primo Papa a farlo – e alle Nazioni Unite, ha espresso la sua preoccupazione per la “inquietante odierna situazione sociale e politica del mondo”, squassato da “violenti conflitti, odi e brutali atrocità, commesse perfino in nome di Dio e della religione”. Tanti i temi toccati nei 24 discorsi ufficiali – la politica come servizio non asservita all'economia e alla finanza, la lotta contro la povertà e la ridistribuzione della ricchezza, la crisi dei rifugiati, le minacce all'ambiente e di conseguenza all'intera umanità, la preoccupazione per la famiglia “minacciata come mai in precedenza” -, legati dal filo rosso della difesa della vita e della dignità umana. Netta e decisa la presa di posizione contro la pena di morte e vibrante la condanna del commercio di armi.

“Essere al servizio del dialogo e della pace significa anche essere veramente determinati a ridurre e, nel lungo termine, a porre fine ai molti conflitti armati in tutto il mondo”, ha detto Papa Francesco rivolto ai membri del Congresso. E li ha esortati a fermare il traffico di armi, che frutta “denaro intriso di sangue, spesso innocente”.

Non è la prima volta che Papa Bergoglio denuncia il traffico d'armi, lo ha fatto più volte, nel corso di udienze o incontri pubblici. Ne ha parlato incontrando in Vaticano, il 2 ottobre dell'anno scorso, i nunzi apostolici del Medio Oriente. E ha ribadito “la più ferma deprecazione dei traffici di armi” un paio di mesi più tardi, in una lettera ai cristiani del Medio Oriente, nella quale scriveva: “Il terrorismo avanza, la comunità internazionale fermi il traffico di armi”.

Nel pensiero di Papa Francesco guerre e traffici d'armi sono strettamente connessi, come si evince dall'intervista rilasciata al quotidiano catalano “La Vanguardia” del 12 giugno 2014: “Visto che non si può fare la terza guerra mondiale, allora si fanno guerre locali. E questo cosa significa? Che si fabbricano e si vendono armi, e così facendo i bilanci delle economie idolatriche, le grandi economie mondiali che sacrificano l'uomo ai piedi dell'idolo del denaro, ovviamente si sanano”.

Di un “mondo sottomesso ai trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne” Papa Francesco è tornato a parlare a Pasqua di quest'anno, chiedendosi e chiedendo a chi giovano le guerre che insanguinano il mondo, se non a chi pratica il “business della morte”.

E nuovamente si è scagliato contro i traffici d’armi che fomentano la guerra il 6 giugno a Sarajevo. “C’è chi questo clima di guerra – ha aggiunto parlando a braccio al testo dell'omelia della messa celebrata allo stadio – vuole crearlo e fomentarlo deliberatamente, in particolare coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi». E ai giovani incontrati poi nel Centro diocesano giovanile “Giovanni Paolo II” ha denunciato l’ipocrisia di “alcuni potenti della terra (che) parlano e dicono belle cose sulla pace, ma sotto vendono le armi!”, arrotondando il concetto con i cronisti sul volo di ritorno verso Roma: «Sì, c’è l’ipocrisia, sempre!”, ha detto rispondendo a una domanda. “Chi parla di pace e favorisce la guerra – per esempio con la vendita delle armi – è un ipocrita”.

Il 2 settembre scorso, ricordando i 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, è tornato a chiedere di fermare ogni guerra e violenza, chiamando ancora in causa "quelli che fabbricano e trafficano armi insanguinate, bagnate nel sangue di tanti innocenti". Ribadendo la sua condanna quasi con le stesse parole ricevendo in udienza i partecipanti all'incontro promosso da Cor Unum sulla crisi umanitaria siriana e irachena, quando ricordava che mentre la comunità internazionale “non sembra capace di trovare risposte adeguate, i trafficanti di armi continuano a fare i loro interessi”. E concludeva: “Le loro armi sono bagnate di sangue, sangue innocente”.

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