Guerre e migrazioni, “disarmiamo le banche”

Gli istituti missionari italiani, che hanno dato impulso alla nascita della finanza etica in Italia, cominciano a sperimentare pratiche per rendere sempre più responsabili i propri investimenti. Lo racconta un’inchiesta sull’ultimo numero (marzo 2016) del mensile Mondo e Missione. Ad esempio il Pime ha elaborato un documento sulla gestione delle risorse economiche per selezionare gli investimenti in base a precisi criteri etici: niente aziende coinvolte nel gioco d’azzardo o nella pornografia e no alle banche che favoriscono le transizioni di armi.

Proprio dal mondo missionario è stata rilanciata negli ultimi mesi la campagna “Banche armate” avviata ancora nel lontano 1999 da tre riviste missionarie – Missione Oggi, Mosaico di pace, Nigrizia – rivolta a tutte quelle banche che si prestano a fare da tramite per la vendita degli armamenti a molti Paesi in Medio Oriente, in Africa, in Asia. L’export delle armi, contro il quale si è in più occasioni pronunciato Papa Francesco, alimenta quelle situazioni di conflitto che costringono migliaia di persone a mettersi in fuga, cercando luoghi più sicuri dove vivere.

Interrogandosi sui fenomeni migratori recenti e sulle cause che spingono intere popolazioni ad abbandonare i loro Paesi, il Gruppo missionario di Ledro ha maturato la consapevolezza che tra le tante cause che producono queste tragedie ci sono ingiuste politiche coloniali dell’Occidente che cerca di “salvaguardare i propri interessi economici”. Ma la lettura della stampa missionaria ha anche rafforzato la convinzione che una delle cause che ha un peso non indifferente nei conflitti è la vendita di armamenti da parte dei governi occidentali, supportata da istituti bancari che svolgono la funzione di intermediari. Da qui è nata la decisione di stendere un documento e di inviarlo a uno dei tanti istituti coinvolti in questo genere di transizioni, che saranno pure regolarmente e legalmente autorizzate, ci mancherebbe, ma rispetto alle quali è lecito esprimere un giudizio dal punto di vista morale. La scelta è caduta su Unicredit, gruppo bancario al quarto posto nella classifica degli istituti coinvolti in questo genere di affari. “Abbiamo chiesto spiegazioni sulla veridicità dei dati rilevati dalle relazioni annuali del governo, una sincera risposta, e un cambiamento di rotta”.

Nella lettera inviata alla direzione di Unicredit e firmata, oltre che “Gruppo missionario Ledro”, anche da don Mario Sartori, dal Verbita padre Gianfranco Maranese, da don Igor Michelini e dal Comboniano padre Alex Zanotelli – si legge tra l’altro: “Le industrie che costruiscono sistemi d’arma e poi li vendono a nazioni in guerra, a paesi poveri e a regimi dittatoriali, commettono a nostro giudizio un’azione immorale perché incentivano la proliferazione di tensioni e guerre. Lo stesso giudizio vale anche per le banche che fanno da tramite tra paesi committenti e industrie della armi”.

Alla direzione di Unicredit è stato chiesto di interrompere questo tipo di intermediazioni bancarie “perché non vogliamo essere più complici e conniventi di un sistema di produzione e commercio di strumenti di morte”.

La risposta è arrivata in tempi rapidi. Il gruppo bancario riconosce le preoccupazioni espresse dal gruppo missionario di Ledro, ma precisa che in materia di armamenti, la policy aziendale, “già dal 2007, permette di distinguere le operazioni in base alla tipologia di armi, al richiedente e all’utilizzatore finale”, ribadisce che rispetto agli investimenti complessivi di UniCredit in Italia la voce “armi/difesa” è marginale e puntualizza che, comunque, si parla di operazioni di esportazioni “soggette a controlli governativi” e “approvate dal Ministero stesso, in base alla legge 185/90”.

La risposta non soddisfa il Gruppo missionario. “Si sentono a posto da un punto di vista della legalità, perché il governo li autorizza. Ma noi pensiamo che finché si persisterà a portar avanti politiche di profitto nella produzione delle armi, le cose non potranno che peggiorare e si accenderanno sempre di più tensioni e guerre tra i popoli, che costringeranno all’esodo tanta povera gente”.

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