Sguardo amorevole sugli indios

Padre Silvio Broseghini continua a vivere nel ricordo dei popoli Shuar e Achuar in Ecuador. L’Associazione Chankuap, con sede a Baselga di Pinè, continua la sua opera e il suo impegno

Padre Silvio Broseghini è morto 12 anni fa, nel 2006. Egli continua a vivere tra i suoi indios ecuadoriani della foresta amazzonica, il popolo Shuar e il popolo Achuar, tra i più dimenticati e soli. Minacciati dal preteso “progresso” (un’idea e una prassi assolutamente mendace e da rivedere da capo a piedi), un progresso che vorrebbe distruggere il loro habitat naturale nella foresta dove conducono ancora una vita a stretto contatto con gli alberi, gli animali, la terra, la grande madre Pachamama che nutre e sostenta e alla fine della vita accoglie nelle sue viscere, nell’eterno ciclo del nascere e del morire.

Silvio Broseghini aveva scelto fin da giovane la destinazione missionaria dell’Ecuador, era una persona che poteva apparire bonaria ma in realtà aveva una rara determinazione a conseguire quello che si prefiggeva con tenacia e perseveranza. La stessa vocazione missionaria –sul finire degli anni Sessanta- non era stata certo frutto di una decisione precipitosa quanto piuttosto il sunto di un cammino che già aveva intrapreso fin da ragazzo tra le mura del collegio salesiano di via Barbacovi a Trento. La frequentazione dei missionari, i loro racconti, la disciplina e lo studio l’avevano avviato ad abbracciare una scelta di vita che racchiude il nucleo più genuino del messaggio del vangelo: dare e darsi e, donando, sapere di ricevere il multiplo nelle possibilità e in grazia.

E se all’inizio l’essere missionario poteva apparirgli un’occasione per “portare” il messaggio cristiano a gente che non lo conosceva, mano a mano che gli anni passavano a vivere tra gli indios padre Silvio aveva compreso che era da loro che doveva imparare tanto e che in definitiva si trattava almeno di un rapporto paritario non certamente di “colonizzazione” cristiana come era capitato fin dai tempi della Conquista di inizio Cinquecento. Una presenza, la testimonianza non tanto con le parole ma con la vita. Padre Silvio si era immedesimato fino in fondo nella vita delle comunità indigene, ne era rimasto affascinato costituendo per lui una simbiosi profonda e irreversibile.

Oggi l’Associazione trentina Chankuap, con sede nella sua terra natale, Baselga di Pinè, continua la sua opera e il suo impegno. Una decina di persone che all’occasione sanno coinvolgere molti altri come hanno dimostrato di saperlo fare con una mostra bella e molto visitata sui luoghi latinoamericani e sulla vita di padre Silvio.

In sinergia con un’analoga associazione sorta lì, in Ecuador, tra quelle comunità che certamente non dimenticano una persona bella e che ha lasciato il segno col suo stile di vita e con quello che ha lasciato, l’educazione e l’essere orgogliosi di essere indios. Occorre infatti sapere che in Ecuador da sempre – e anche con i governi popolari “amici” di Rafael Correa – gli indios della foresta amazzonica sono ritenuti inferiori, con capacità limitate, non comparabili agli altri abitanti, è stata questa la “dottrina” che i bianchi, i gringos e ogni sorta di colonizzatori hanno installato nella mente delle persone e nella testa degli stessi indios. Le stesse pretese portate avanti oggi dalle multinazionali – i nuovi colonizzatori – che vogliono impadronirsi delle loro terre per scopi di profitto.

Se padre Silvio con la sua presenza per tanti anni al loro fianco è riuscito a farli sentire persone come tutti gli altri – uguali e inferiori in niente – questo è stato il suo grande lascito per quella gente; un riscatto, un riacquisto di dignità che per un cristiano ha il sapore intatto della resurrezione, il rinascere a “nuova vita”.

Ancora oggi per raggiungere gli Achuar servono voli di aeroplanini tanto sono isolati (e felici) tra fiumi e foresta, tra terra e cielo. Gli Shuar e gli Achuar si dedicano ad un’agricoltura di sussistenza, ultimamente attraverso il commercio equo e solidale riescono a farsi promotori di scambi (cacao, noccioline) con i progetti di padre Silvio tramite la Fundaciòn Chankuap che permettono loro di intraprendere qualche attività economica volta alla creazione di “ricchezza” che significa tutela della salute e istruzione secondo la cultura locale.

Mantenere la propria cultura e continuare a preservare la lingua – non solo il linguaggio, la sapienza ancestrale che vi è sottesa, la trasmissione di sapienza dei padri – vuol dire continuare ad esistere, non essere fagocitati nella cultura di massa castigliana ed occidentale in generale. Ecco perché questi minuscoli popoli indigeni – sono qualche centinaio, non di più – ci tengono tanto a preservare l’ambiente e a educare i loro bambini. Ambiente e infanzia, il loro futuro nella foresta. Un piccolo gruppo di donne e uomini trentini contribuisce a questo. E’ una bella missione. Da far conoscere e da diffondere.

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