Donna, alzati e cammina

Donne e lavoro

Il fatto che ogni anno, l’8 di marzo, torni a celebrarsi la Giornata internazionale delle donne ci dice una cosa chiara e inequivocabile: ancora non ci siamo. La posizione, il ruolo, la dignità della donna nella nostra società non sono quelli che dovrebbero essere.

La Giornata di quest’anno ha come tema “Le donne in un mondo del lavoro in evoluzione: verso un pianeta 50-50 nel 2030”. Il tema è legato al più vasto movimento descritto dalla cosiddetta Agenda 2030 che propone i 17 “obiettivi per lo sviluppo sostenibile”. L’obiettivo numero 5 in particolare consiste nell’uguaglianza di genere e nell’empowerment delle donne e delle ragazze.

Anche le Chiese cristiane, ai primi di marzo, propongono una Giornata di preghiera delle donne. Nell’anno in corso è prevista per il 6 marzo (in Alto Adige si tengono momenti di riflessione in varie parrocchie), è animata dalle donne dello Zimbabwe e ha come tema le parole di Gesù al paralitico di Cafarnao: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina” (Gv 5,8). È una storia che parla di infermità e di inaccessibilità. È per questo che le donne cristiane propongono una riflessione su questa parola? Perché sanno che la loro condizione, nella stessa comunità cristiana, è di fatto quella di qualcuno che non si può muovere come vorrebbe? Di qualcuno al quale è impedito di avvicinarsi al centro della fede cristiana, cioè a Cristo stesso? C’è forse bisogno – in questa Chiesa che, come disse papa Francesco prima della sua elezione, “tiene prigioniero Cristo” – di scoperchiare il tetto per entrare e prendere parte a pieno titolo alla vita della comunità? Camminando con le proprie gambe?

La questione della pari dignità della donna, al di là di ogni sofisma, è forse oggi proprio quel sentiero non percorso fino in fondo che rischia, per questo, di togliere alla Chiesa cattolica gran parte della sua carica profetica.

La comunità dei cristiani, in ogni tempo, ha come interlocutore il mondo contemporaneo (di cui condivide gioie, speranze, tristezze e angosce). Proprio i nostri contemporanei (in particolare le persone più sensibili, quelle più attente alla necessità di una certa coerenza tra parole e realtà, tra Vangelo e vita) oggi non comprendono più come possa essere compatibile con la Buona Notizia l’esclusione di fatto della donna da alcuni tra i servizi (ministeri) più importanti per la vita della comunità (diaconato, presbiterato ecc.). Non si spiega come sia possibile enunciarne la “pari dignità” e “il genio” e al tempo stesso escluderla dai ruoli di maggiore responsabilità.

Fino a pochi decenni fa la cultura corrente considerava di fatto la donna strutturalmente inferiore all’uomo, in particolare nelle sue capacità di partecipare alla vita pubblica e di governare una comunità. Si pensi al diritto di voto, introdotto in Italia appena nel 1946. In questo contesto poteva anche sembrare “normale” l’esclusione della donna dai ruoli di responsabilità e di guida nella Chiesa.

Oggi però (e già da decenni) la Chiesa cattolica rischia di contribuire al perpetuarsi, anche a livello sociale, di una mentalità maschilista, ma soprattutto di non essere compresa dalla maggioranza delle persone cui rivolge il suo messaggio di salvezza. Sostenere poi che le cose stanno così poiché Gesù stesso lo ha voluto (o perché lo dice la Scrittura) non ha forse come conseguenza l’allontanamento di molti (in particolare i giovani) non solo dalla Chiesa ma anche dal messaggio di Cristo? Secondo il ragionamento: se è davvero Gesù a voler escludere la donna da certi ruoli, allora “questo Gesù” non mi interessa. Allontanare in tal modo “i piccoli” non è forse da evitare con ogni mezzo (alla luce di Lc 17,2)?

Anche la remissione dei peccati del paralitico di Cafarnao fu ritenuta dagli scribi inconcepibile e blasfema. “Chi può rimettere i peccati se non Dio solo”? Fu per loro – cioè per noi – che Gesù pronunciò quelle parole, “alzati e cammina”, che ora andremo a meditare nella Giornata di preghiera delle donne.

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