“Conversione integrale per la Chiesa e il pianeta”

Dai popoli amazzonici, dobbiamo imparare il "buon vivere", cioè l'armonia con se stessi e con il creato. Le proposte pastorali: “Creare nuovi ministeri” per laici e donne e studiare la possibilità di “ordinazione sacerdotale di anziani rispettati dalla comunità”

Un Sinodo che “ruota attorno alla vita”: “la vita del territorio amazzonico e dei suoi popoli, la vita della Chiesa, la vita del pianeta”. Così l’Instrumentum laboris, diffuso il 17 giugno, definisce l’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, in programma dal 6 al 27 ottobre.

Dai popoli amazzonici dobbiamo imparare il “buon vivere”, cioè la capacità di “vivere in armonia con sé stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l’essere supremo”, si legge nel testo, ma la vita in Amazzonia “è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione”, in nome di “interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle compagnie estrattive, spesso in connivenza, o con la permissività dei governi locali e nazionali e delle autorità tradizionali” degli stessi indigeni. Un grido d'allarme, dati alla mano: i cambiamenti climatici e l’aumento degli interventi umani (deforestazione, privatizzazioni dei beni comuni, cambiamenti nell’uso del suolo…) “stanno portando l’Amazzonia a un punto di non ritorno”, con “alti tassi di spostamenti forzati della popolazione e inquinamento, mettendo a rischio i suoi ecosistemi ed esercitando pressione sulle culture locali”. Il contrario dell'“attuale modello di sviluppo economico “genocida ed ecocida” e della sua “visione insaziabile di crescita illimitata” è la “cura della vita”, che “si oppone alla cultura dello scarto, della menzogna, dello sfruttamento e dell’oppressione”.

“Corruzione, colonialismo, mentalità economico-mercantilista, consumismo, utilitarismo, individualismo, tecnocrazia, cultura dello scarto”, sono i “mali” presenti in Amazzonia, accanto a tanti germi di bene. È necessario “identificare le ragioni con cui giustifichiamo la nostra partecipazione alle strutture di peccato per analizzarle criticamente”. A livello ecclesiale, nel documento si raccomanda di favorire una chiesa come istituzione “corresponsabile nella cura della Casa Comune e nella difesa dei diritti dei popoli”, promuovendo modelli virtuosi di comportamento, di produzione e di consumo e anche sapendo “recuperare i miti e attualizzare i riti e le celebrazioni comunitarie che contribuiscono in modo significativo al processo di conversione ecologica”.

Nel quarto capitolo, dedicato all’organizzazione delle comunità ecclesiali, si riconosce la necessità di creare “ministeri appropriati”, cioè “nuovi ministeri per rispondere in maniera efficace ai bisogni dei popoli amazzonici”. “Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana”, l’altra proposta in merito a quella che finora veniva definita la questione dei “viri probati”.

“Identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella Chiesa amazzonica”, si propone infine nel documento, garantendo ad esse “la loro leadership, nonché spazi sempre più ampi e rilevanti nel campo della formazione: teologia, catechesi, liturgia e scuole di fede e di politica”, in modo che “anche che la voce delle donne sia ascoltata, che siano consultate e partecipino ai processi decisionali, e che possano così contribuire con la loro sensibilità alla sinodalità ecclesiale”.

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