Fiorisce il dialogo

Nel segno della sacra ospitalità ispirata da Abramo, una piccola comunità di credenti cristiani e musulmani si è riunita lo scorso mercoledì 7 novembre al Centro islamico di via Soprasasso a Gardolo. Lasciando ciascuno le proprie scarpe sulla soglia, in una sessantina hanno dato anima e corpo alla 27a Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, celebrata ogni anno anche in Trentino. Quest’anno è toccato alla comunità islamica guidata dall’imam Aboulkheir Breigheche ospitare la delegazione della Chiesa trentina guidata da don Cristiano Bettega, nuovo delegato per l’area Testimonianza della Diocesi di Trento (comprendente anche l’ambito ecumenico e del dialogo interreligioso), accompagnato dal parroco di Gardolo, don Claudio Ferrari.

In una condivisione spontanea e intensa, sono state portate sul tappeto del Centro islamico – che non è una moschea, come è stato ribadito più volte, bensì un luogo di incontro aperto a tutti – diverse esperienze di dialogo e collaborazione. Uno sguardo al passato: gli inizi con don Vittorio Cristelli e le grandi lotte comuni, come la presa di posizione per la pace nei Balcani o il sostegno concreto alla Siria in guerra, o ancora la lotta per il diritto di sepoltura dei musulmani nel cimitero di Trento: “Oggi incombe il pericolo di tornare ai tempi in cui la convivenza non viene favorita dalle istituzioni, per ciò queste occasioni sono ancora più importanti”. C'è chi insegnando l'italiano ai migranti sente di imparare l'accoglienza, smentendo nella pratica chi ritiene sia un “dogma superato”; c'è l'insegnante di religione che ha portato dal Papa anche alcuni ragazzini musulmani; ci sono le volontarie di Mezzolombardo che hanno collaborato attivamente all'accoglienza dei richiedenti asilo arrivati in paese.

E proprio il Centro Astalli Trento ha preso la parola per raccontare l’esperienza di accoglienza a persone rifugiate avviata con alcuni ordini religiosi della città (Dehoniani, Comboniani e Cappuccini), a cui si è intrecciata la convivenza con studenti universitari italiani e stranieri. “Siamo dei privilegiati”, ha ammesso un’operatrice dell’Associazione: “Nel mio lavoro posso conoscere ragazzi molto coraggiosi, che hanno anche il coraggio di parlare della loro fede e di testimoniare quanto intensamente si può vivere il rapporto con Dio, trasmettendomi un po’ del loro coraggio”. L'accoglienza è fatta anche di fatica, di ingiustizie, “ma nel quotidiano accadono cose molto belle, che nascono dalla possibilità di ascoltarsi e conoscersi a fondo”. Per questo il Centro Astalli sta avviando un'esperienza di dialogo tra giovani cristiani e musulmani, uno spazio di conoscenza e confronto su diversi temi.

Ama il prossimo tuo come te stesso: il vangelo della domenica precedente, riportato da un giovane, “capita a fagiolo”: “Se uno avesse sempre in mente questa cosa, ci sarebbero problemi nella società?”. Gli ha fatto eco un altro con le parole di un sapiente islamico, combattete la gente con l’amore: “Quando il prossimo ti è avverso, il modo migliore per avvicinarlo a te è di amarlo, rispettando il fatto che comunque, ti piaccia o non ti piaccia, è tuo fratello ed è anche lui una creatura di Dio”.

Per i credenti il dialogo è un atteggiamento di fondo che viene dalla fede. Ma sta anche in una logica di convivenza (e convenienza) civile e democratica. Dalle diverse riflessioni è emerso come il dialogo tra cristiani e musulmani possa essere strumento e orizzonte attraverso cui affrontare temi attuali e cruciali, come il femminicidio (già esiste l'Osservatorio interreligioso contro la violenza sulle donne), l'educazione alla cittadinanza, l'impegno per l'ambiente (“Gli scienziati ci dicono che se continuiamo così non ci sarà futuro per nessuno, né cristiani né musulmani”).

Per tanti anni abbiamo imparato ad ascoltarci e a conoscerci. Adesso, magari puntando di più sui giovani, è il momento di dimostrare – e queste voci ne sono già la prova – che sappiamo anche lavorare insieme. “Sarebbe più comodo per tutti starsene a casa propria, eppure siamo qui”, ha detto don Bettega, spinti dalla necessità di “conversione all’uomo”. “Convertirci all’altro, alla persona che incontriamo che non è sempre uguale a noi, è un imperativo del nostro tempo. Anche se costa fatica. Ma tanto più ci si prova, tanto più si capisce che non se ne può fare a meno, perché il dialogo è parte di ogni donna e di ogni uomo”. Lo testimoniano anche le parole di un vicino di casa del Centro islamico, che senza nascondere il timore iniziale e le effettive difficoltà ha raccontato come il problema principale in questi dieci anni di convivenza sia stato… il traffico.

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