“Il nome di Dio è incontro”

L'altro è sempre un'opportunità. “Lasciamo cadere tutto il 'teatro' esteriore, che impedisce di recuperare la verità di noi stessi

“La nostra Chiesa è chiamata non tanto a difendersi dalla realtà che la circonda, chiudendosi in se stessa, ma a uscire in mare aperto”

“L’incontro è un valore o un pericolo?”. Con questa domanda cruciale si è aperta l'omelia del vescovo Lauro durante la Messa del Mercoledì delle Ceneri celebrata in Duomo. “La risposta, in questo momento, non è assolutamente scontata”, perché “il dibattito pubblico risulta segnato, a diversi livelli, dallo scontro, piuttosto che dall’incontro”. Ma, ha proseguito l'Arcivescovo, “contrapporre l’affermazione di sé e il dialogo con l’altro, è assurdo. Identità e incontro, infatti, si arricchiscono a vicenda”.

La paura dell’altro, invece, genera lo scontro. Chi fa la voce grossa invocando “muri e barricate”, in realtà, “è persona insicura e fragile”: “il prepotente è debole, perché non riesce a sostenere il confronto. Diversamente, la persona forte non teme l’incontro; sa che dagli altri può ricevere stimoli per approfondire le proprie idee e nuove motivazioni”.

Da qui l'invito “pressante” ad “abitare le stanze della propria interiorità, per assaporare il nostro essere chiamati all’incontro. Ma, soprattutto, per scoprire che il nome di Dio è INCONTRO”. “Lasciamo cadere – ha proseguito l'Arcivescovo – tutto il 'teatro' esteriore, che impedisce di recuperare, anche attraverso gesti penitenziali, la verità di noi stessi. Chiediamo di superare quell’orgoglio del cuore che ci fa guardare alla realtà con occhi di giudizio e di condanna. L’esperienza dell’incontro con il Dio grande nell’amore ci doni una fede attraversata dal sorriso che impedisca di usare la verità come clava contro gli altri, regalandoci la capacità di dubitare di noi stessi”.

Poi il vescovo Lauro ha citato Papa Francesco, che agli universitari a Bologna chiese di imitare Orfeo più che Ulisse, dicendo: “Ulisse, per non cedere al canto delle sirene si legò all’albero della nave e si turò gli orecchi. Invece, Orfeo gareggia nella bellezza con le sirene e vince perché la sua melodia è più affascinante”. Da qui l'auspicio dell'Arcivescovo per questo tempo quaresimale: “la nostra Chiesa raccolga la provocazione evangelica a frequentare in modo discreto, senza ostentazione, il volto del fratello; la sfida di una preghiera che alle parole vuote sostituisce il dialogo nel segreto con il Padre; l’opportunità di percepire, grazie al digiuno, che non basta il pane per vivere”. È questa è la strada che porta “a frequentare la melodia della fraternità che vince paura e angoscia”. “In questo momento, la nostra Chiesa è chiamata non tanto a difendersi, come Ulisse, dalla realtà che la circonda, chiudendosi in se stessa, ma a uscire in mare aperto e, come Orfeo, a immettere dentro la nostra realtà il canto nuovo che è il Vangelo di Gesù di Nazareth”.

L'omelia si è conclusa con le parole di S. Paolo. Ecco ora il momento favorevole, ecco il giorno della Salvezza (2Cor 6,2b). “Non lasciamoci scappare questa straordinaria opportunità”.

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