“La carità non è esibizione”

Somm: Caritas e Pastorale della Salute insieme nel convegno diocesano che rilancia la profezia dell’attenzione ai più deboli della società

somm: Le testimonianze dei giovani impegnati in ospedale o in carcere

“Chi frequenta la stanza dell'orazione e nello stesso tempo coltiva l'indifferenza verso il povero, l'ammalato o il migrante esce dal rapporto con il Signore, è un pagano e un senza Dio. Il povero, l'ammalato e il migrante devono sempre essere visti come persone con un volto, un nome, una storia e mai come un'unita indistinta da studiare nelle statistiche”.

E’ un messaggio schietto e forte quello lanciato dall’arcivescovo di Trento Lauro Tisi durante l’intervento di apertura del convegno “Il povero e il malato, profezia per tutti”, organizzato a Trento sabato 23 marzo presso l’aula magna del Collegio Arcivescovile, dall’Area testimonianza e impegno sociale della Diocesi trentina, guidata da don Cristiano Bettega.

Il vescovo rivolge questo deciso messaggio prima a se stesso e poi agli oltre duecento volontari seduti in platea, non dimenticando di ringraziarli per l’impegno costante al fianco di chi ha più bisogno.

Monsignor Tisi ci tiene a chiarire come la “solidarietà si faccia per gli altri, non per se stessi” e, citando le parole pronunciate da Papa Francesco durante la visita pastorale a Cagliari ricorda: “La carità non è solo erogazione di servizi, né tantomeno esibizione di sé. Ma incontro tra volti”.

Il convegno si arricchisce poi dell’intervento della dottoressa Marisa Bentivogli, impegnata da oltre quarant’anni nel Volontariato Assistenza Infermi della Caritas di Bologna (VAI), nato per rispondere, almeno in parte, alla solitudine esistenziale del malato (di ogni fede o appartenenza religiosa) vissuta in casa, in ospedale o in casa di riposo. Spiega come il malato aiuti a resettare la nostra esistenza, facendoci comprendere o riscoprire i valori a cui aggrapparci e in generale le cose davvero importanti per la nostra vita.

I malati ci aiutano molto in questo senso perché ci ricordano che anche noi un giorno potremmo esserlo, mettendoci di fronte al nostro limite di creature.

Bentivogli osserva con chiarezza come di fronte a chi soffre non si debba andare con la pretesa di raggiungere un obiettivo,ma solo con la disponibilità a una presenza, spesso silenziosa, di amore e di ascolto. Per essere volontari al VAI sono sufficienti appena una o due ore la settimana. Non servono né una competenza particolare, né la frequenza di corsi di formazione specifici. Proprio perché si impara sul campo: i volontari operano sempre in coppia (come Cristo con gli Apostoli che li invia a due a due nota la relatrice). Così, nella visita a chi soffre, un volontario più giovane o entrato da poco viene accompagnato da un volontario più ‘esperto’ che eventualmente fa notare con delicatezza ed attenzione possibili atteggiamenti da correggere. L’essere in due permette poi di sostenersi reciprocamente davanti al mistero del dolore.

Sono rimaste impresse le risposte che la relatrice ha dato ad alcuni volontari impegnati nella povertà e nel disagio. Giulia e Margherita, coinvolte nel percorso di volontariato “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” proposto dalle suore e dalla Pastorale Giovanile presso l’Ospedale San Camillo di Trento, hanno chiesto come invogliare i loro coetanei al volontariato sanitario spesso sentito lontano dai loro interessi. Bentivogli risponde che per la sua esperienza fare con gioia e a volte raccontarlo sui social è il modo migliore di fare pubblicità. Altre riflessioni sul campo sono venute dal gruppo di giovani impegnati nell’esperienza di volontariato in carcere: la difficoltà di cogliere i bisogni di tipo sanitario dei detenuti e l’importanza di poter accompagnare quanti escono disorientati a fine pena dalla struttura. Adriana, una volontaria del gruppo “Armonia” di Mori che da vent’anni anima l’attività con un gruppo di disabili, ha messo in evidenza l’importanza della formazione ad una relazione di aiuto, mentre è risuonata anche l’esperienza dello Spazio diocesano di ascolto per il disagio psichico.

Il convegno, coordinato da Piergiorgio Franceschini che ha curato anche le due testimonianze video (vedi sotto), segna una novità nella Chiesa trentina: perché, nell’organizzarlo, Caritas e Pastorale della Salute hanno dialogato e dato “l’immagine di un’unica Chiesa che si lascia provocare da tante sfaccettature del disagio umano ed esistenziale e prova ad offrire una risposta solidale unitaria”, come ricordato a fine convegno da don Bettega e auspicato più volte dal nostro Arcivescovo.

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