La missione giovane

Preceduta nel pomeriggio dalla proiezione del bellissimo film Alganesh che documenta la vita di un campo profughi in Etiopia e quello che una donna eccezionale riesce a fare per sollevare la sofferenza di molti (“Guardando avanti vediamo luce e speranza”), la veglia missionaria di sabato sera 29 settembre in Duomo ha costituito, come al solito, un momento forte della vita della comunità cristiana, anche grazie alla presenza di tanti. A partire dalle testimonianze dei giovani, la cui presenza era significativa. Le ragazze e i ragazzi – nell’adolescenza e nella prima giovinezza – che saranno protagonisti dell’imminente Sinodo voluto da papa Francesco. E la testimonianza personale di due giovani donne è risuonata in cattedrale: Sofia e Lorena. La prima ha vissuto l’esperienza estiva quest’anno; la seconda, giovane donna e mamma, partendo dall’esperienza estiva di qualche anno fa ha compiuto un cammino personale, umano e di fede, dovendo affrontare nella sua vita anche momenti molto difficili. Due tra i molti che, dopo aver svolto un corso di preparazione presso il Centro missionario, si sono cimentati in un’esperienza più ampia in qualche zona del mondo impoverito.

Sofia è stata nelle Filippine. Partita animata anche da una certa curiosità per un mondo così diverso, ne è rimasta attratta ed affascinata. Soprattutto “dalle storie di madri incredibili” che con niente fanno molto, sanno animare le giornate dei loro figli e di altri. Colpita dalla loro forza e dalla loro tenacia. “Dove la vita e la morte sono così unite e tutto è ricompreso nel ciclo della vita”. Sofia ha scoperto quale sia la vera ricchezza – modo per stare al mondo -, quello che le persone più semplici si portano nel cuore; è questa la nuova faccia di una Chiesa che cammina nel mondo e in questo ha potuto notare “l’immenso lavoro che svolgono le suore”, “anonime” e nascoste, animate solo dalla fedeltà alla Parola che libera.

“Qualsiasi tipo di notte si può dissolvere alle prime luci dell’alba”, ha detto Lorena, giovane donna di Telve Valsugana, che qualche anno fa ha condiviso la vita dei campesinos, seguito progetti che sembravano andare in frantumi e invece hanno trovato nuovi sbocchi, passando anche dalla porta stretta del dolore personale. “Non è importante il posto dove vai, ma come vivi”. Nell’esperienza in missione ha scoperto “cosa diceva il Vangelo a me personalmente”. Nel Messico di padre Kino, che nel 1600 difendeva i diritti degli indios. Lei tra gli stessi indios c’è stata. Per tre mesi neanche la salutano e lei ci rimane male, ma capisce. E resta affascinata dalla loro vita sobria, essenziale. Poi viene finalmente accolta dalla comunità e condivide “il sogno di un altro mondo possibile”. La vicinanza e la fraternità vere. L’incontro con l’altro. Il travaglio personale, la nascita della figlia, la perdita del marito per un incidente. L’incontro con gli altri che continua nel suo lavoro presso il Centro Astalli. Lorena ama una lettura del Vangelo mischiata alle cose quotidiane, un vangelo lettura quotidiana sul tavolo della cucina insieme al sugo e alle vivande. E vorrebbe fuori da ogni chiesa una panchina, quattro assi, la possibilità di sedersi e incontrarsi. Cita Isaia: “Aprirò nel deserto sentieri”. Per Lorena, nel deserto ci sono sbocchi, si trovano oasi e compagni di carovana. Insieme alla denuncia delle ingiustizie e quando serve allora occorre “rovesciare i tavoli”. Mandare tutto all’aria. E ripartire.

“Faccio eco alle parole di Lorena”, osserva il vescovo di Trento, Lauro Tisi. “Ho una preoccupazione grande, che siamo troppo preoccupati della religione, ma perdiamo la fede”. L’essenziale. “Ho il sogno di una Chiesa che parte dalla dolcezza di una donna”. Dalle parole che ha detto, dalla vita. Il rischio è che la nostra Chiesa diventi un museo. Dove ci sono “gesti religiosi”, ma dove scarseggia il succo della vita vera. Dove c’è l’apparato, ma manca una “fresca comunità che affronta la vita con leggerezza”. Sogna, don Lauro, una comunità che si riunisce per leggere e meditare il Vangelo. Sogna che il Vangelo diventi il punto di riferimento. “Leggere il Vangelo con la vita”. Incontri reali, che ci siano le panchine – quattro assi – fuori dalle chiese. Che dopo la messa si vada a bere un caffè insieme. Incontri reali. “Una comunità che trova nell’Eucaristia il suo regalo”. Una Chiesa senza buon senso, capace di pescare anche di giorno, quando sembra che i pesci non ci siano; capace di denunciare le ingiustizie. Una Chiesa che si fa illuminare dalla vita, che ha il sorriso sulle labbra.

Il mandato ai “vecchi” missionari – donne e uomini adusi alla missione, dove si accingono a ritornare – è sembrato un monito valido per tutti. La missione è qui, sulle strade della vita di ciascuno. Avanti tutta.

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