Nel Polesine di San Vigilio

L’Arcivescovo Tisi celebra nella parrocchia di Adria dedicata al nostro Santo al termine della ricostruzione dopo l’alluvione. Nostra visita al Borgo Dolomiti

Adria, 22 giugno 2019 – Non dimentichiamo che San Vigilio 70 anni fa diede una mano alla gente del Polesine prostrata dalla storica alluvione. Lo richiamano qui i tanti nomi delle strade – via Trento, via Merano, via Brennero e il centro sportivo “San Vigilio” – e i pochi nonni che ancora abitano le case costruite appena un anno dopo quel tragico novembre 1951 grazie agli aiuti della Regione Trentino Alto Adige, un centinaio di milioni di lire affidati ad un apposita Fondazione. “Borgo Dolomiti” venne chiamato il quartiere a nord di Adria dove poterono tornare una settantina di famiglie sfollate e dove sabato scorso si è riannodato – per la prima volta anche spiritualmente – un legame di fraternità.

“Per fare memoria di questo gesto di solidarietà che ancora ci unisce” il vescovo di Adria Rovigo, mons. Pierantonio Pavanello ha invitato l’amico arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi a celebrare l’Eucaristia nella chiesa parrocchiale intitolata e “protetta” da una statua lignea di fattura gardenese. L’ampio edificio costruito negli anni Sessanta come cuore religioso della parrocchia “vigiliana” fu tra l’altro consacrato da mons. Giovanni Maria Sartori, poi pastore di Trento ma allora indimenticato vescovo di Adria-Rovigo.

“La scelta del santo evangelizzatore del Trentino è nata proprio dalla volontà di rafforzare il legame con le popolazioni che nei tragici momenti dell’alluvione hanno saputo aprire il loro cuore alla generosità verso i nostri fratelli del Polesine”, ricorda Aldo Rondina, storico locale che ha dedicato un libro alla ricostruzione di Adria favorita dagli aiuti di varie regioni d’Italia. “Ero un ragazzino e vennero a portarci via con la barca i pescatori di Goro e feci tre mesi da sfollato con la mia famiglia a Massa”, racconta Rondina che ha un’altra immagine viva: “La visita del trentino Alcide Degasperi, allora presidente del Consiglio, che seguì passo passo la ricostruzione”. Adria non tornò più ai 40 mila abitanti di prima, scontò una faticosa ripresa economica e una crisi demografica solo in parte superata: “La comunità però è molto attiva e unita – afferma il sindaco Omar Barbierato, prima di entrare in chiesa – la chiesa rimane il primo riferimento per creare coesione sociale. Mi lasci dire che quell’aiuto trentino fu decisivo allora ma ancora oggi è utile – grazie al ricavo della vendita di alcune case – perché abbiamo creato un fondo a favore delle famiglie più povere”.

“La solidarietà e la fraternità si comunicano da sole nel tempo, non hanno bisogno di targhe – ha osservato l’Arcivescovo di Trento Lauro Tisi – invitando nella sua omelia ad essere cristiani “eucaristici” che attualizzano con la loro vita il rendimento di grazie e guardano al presente con un atteggiamento positivo, mettendosi a disposizione degli altri, nello stile di Vigilio che perdonò i suoi nemici”.

Lo ha applaudito riconosscente la comunità parrocchiale, vivace e giovanile, con un impegno evidente fin dai colori delle divise: il bianco del coro parrocchiale, le camice azzurre degli scout Agesci, il nero della “Caritas San Vigilio”, il giallo dei ragazzini accolti nelle cinque settimane di Grest ed il rosso vivo degli oltre 40 “Giovani San Vigilio”: “Siamo un gruppo vivace – testimonia Linda Crepaldi, loro portavoce – e oltre ad aiutare il parroco per ogni necessità lavoriamo insieme agli altri gruppi della comunità per far crescere la comunione”.

Li ricorda anche il parroco don Fabio Finotello, quando rende ragazzi e giovani protagonisti dell’inaugurazione dei lavori di riassetto liturgico della chiesa con le nuove vetrate realizzate dallo studio Arte Poli, Le benedice l’Arcivescovo Lauro insieme al vescovo Pierantonio e un raggio di sole penetra puntuale a iluminare il messaggio spirituale in tema trinitario. Una bambina scopre una dedica che ricorda la presenza del vescoov Tisi, successore di San Vigilio, il santo dallo scarpone che ha lasciato la sua impronta anche nelle terre fangose del Polesine provato dalla tragedia.

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